Giovedì 25 Aprile 2024

Choc 'ndrangheta, "Prima la mafia, poi i soccorsi. Affari sulla pelle dei terremotati"

Il procuratore antimafia: «Inchiesta senza precedenti al nord»

Arresti per 'ndrangheta, la conferenza stampa in Procura a Bologna (Schicchi)

Arresti per 'ndrangheta, la conferenza stampa in Procura a Bologna (Schicchi)

Modena, 29 gennaio 2015 - Si può dire che «la ‘ndrangheta arriva prima dei soccorsi, o comunque in contemporanea». È l’osservazione contenuta nell’ordinanza del Gip Alberto Ziroldi, che ha firmato i 117 arresti della Dda, nella sezione dedicata alle infiltrazioni della criminalità organizzata nei lavori legati al sisma 2012. Le indagini hanno «permesso di ricostruire con chiarezza il perimetro soggettivo all’interno del quale ha avuto luogo l’infiltrazione criminale». Che «si è prevalentemente realizzata attraverso una perversa joint venture tra l’impresa Bianchini Costruzioni srl di San Felice sul Panaro ed uno dei principali esponenti della consorteria criminale», cioè Michele Bolognino, uno dei promotori della contestata associazione a delinquere di stampo mafioso. I rilievi del giudice sono documentati dalla mole di documenti e intercettazioni prodotte dai carabinieri del comando provinciale di Modena diretto dal comandante Stefano Savo. I militari del reparto operativo, comandato prima dal colonnello Carlo Carrozzo e poi dal tenente colonnello Domenico Cristaldi (l’indagine è durata quattro anni) hanno infatti scoperchiato un sistema che aveva fatto della ricostruzione post-sisma un affare d’oro sulla pelle dei terremotati.

 

LAVORI, soprattutto nel paese di Finale Emilia, che procedevano secondo un piano preciso: «E’ la persona di Giulio Gerrini (capo dell’ufficio Lavori pubblici del Comune di Finale, ndr) – scrive il Gip – che a seguito degli eventi sismici verrà a vedersi concentrate nelle proprie mani una serie di attribuzioni in materia di lavori pubblici che ne faranno vero e proprio centro monocratico di potere, in diretta ed esclusiva relazione col sindaco Fernando Ferioli, a costituire il referente privilegiato ed esclusivo del Bianchini a favore del quale Gerrini adotterà una sistematica serie di favoritismi, piegando agli interessi del primo la legittimità e trasparenza dell’azione amministrativa, pur in un contesto tendenzialmente deformalizzato come quello che segue la gestione delle emergenze sismiche. Nel corso dell’interrogatorio reso da un dipendente del Comune di Finale Emilia, è emerso che in passato, Gerrini aveva ottenuto un periodo di aspettativa dal Comune, dove era impiegato, per prestare attività lavorativa presso la Bianchini Costruzioni Srl – aggiunge il Gip – Tale circostanza, già ventilata in altre occasioni ma mai confermata ufficialmente, riassume e spiega la natura dello stretto rapporto esistente tra i due e consente di interpretare le vicende oggetto di indagine alla luce di uno solido – ed inquietante - rapporto di conoscenza professionale».

 

PER il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti l’organizzazione ‘ndranghetista fermata in Emilia, propaggine della Grande Aracri di Cutro, era «molto radicata e molto pericolosa». «Un intervento giudiziario che non esito a definire storico, senza precedenti, imponente e decisivo per l’azione di contrasto giudiziario alle mafie al nord e in particolare all’insediamento ‘ndranghetista che è stato colpito e investigato con grande abnegazione e sacrificio per lungo tempo», ha detto Roberti ieri in procura a Bologna. «Questa indagine - ha aggiunto - è collegata con quelle di Brescia e Catanzaro che simultaneamente hanno proceduto a numerosi fermi. Il coordinamento della Dia ha funzionato bene. È’ stata un’azione sinergica a corale delle procure e delle forze dell’ordine».

«LE caratteristiche dell’associazione mafiosa rilevate da quest’ultima inchiesta – aggiunge il procuratore della Dna – sono due. L’imprenditorialità e il rapporto con l’informazione». L’organizzazione aveva infatti creato una sorta di economia parallela, non sono relativa alla ricostruzione post terremoto: gli arrestati avevano messo in piedi un sistema di recupero crediti tramite attività estorsiva e usura, si avvalevano di consulenti contabili e perfino di un giornalista, Marco Gibertini di Rubiera, che procurava interviste ai boss e ‘spifferava’ loro le indiscrezioni sulla white list carpite nello svolgimento del proprio mestiere.

Il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso ha poi ricordato come la ’ndrangheta in Emilia sia arrivata il 9 giugno 1982 quando, a Reggio, venne ad abitare «come sorvegliato speciale il capomafia Antonio Dragone». Da quel giorno l’Emilia non è stata più la stessa perchè l’organizzazione malavitosa non solo si è insediata, ma si è «modellata alla nuova realtà, crescendo in silenzio per poi insinuarsi nella politica e nella nostra imprenditoria».