Mata, il bilancio è più ombre che luci: incassi flop

Cavazza: "Siamo tra le poche città che investe nella cultura"

Sopra un’immagine da Effimera, in programma ad aprile

Sopra un’immagine da Effimera, in programma ad aprile

Modena, 4 febbraio 2016 -Ci siamo: il Mata svela i suoi numeri. I detrattori parleranno di fallimento? L’amministrazione di un trionfo clamoroso? Premessa: misurare i benefici della cultura non può limitarsi soltanto alle cifre, ci sono effetti a lungo termine come il prestigio che vanno analizzati in maniera approfondita e strategica. Detto questo, però, è inevitabile pesarli quei numeri e leggerli in relazione sia dei costi sostenuti che all’opportunità politica di certe scelte. Scomodare il termine ‘flop’ può apparire ‘brutale’, ma è allo stesso tempo difficile definire ‘Il Manichino della storia’ un successo senza precedenti.

L’esposizione, come noto, è nata sulla scia delle polemiche legate all’investimento monstre e da oggi i pessimisti della prima ora avranno altro ‘cibo’ con cui sfamarsi. Ieri il vicesindaco e assessore alla Cultura, Gianpietro Cavazza, ha presentato i dati sulle visite, anticipando la programmazione del Mata fino alla primavera del 2017 e – non meno importante – spiegando come si arriverà all’integrazione tra Fondazione Fotografia, Museo della Figurina e Galleria Civica entro luglio. E la sensazione avuta è quella di una strategia a lungo termine sulla cultura cittadina che lascerà ancora spazio a discussioni e critiche.

Inevitabile partire dai dati: dal 18 settembre al 31 gennaio il ‘Manichino della storia’ ha registrato quasi 17mila visitatori (16.817 per l’esattezza), oltre la metà a pagamento (9.812), mentre 7.635 hanno approfittato delle occasioni a ingresso libero (oltre 6mila durante il Festival Filofofia). Tanto? Poco? Difficile fare confronti con altre mostre organizzate in città o altrove, trattandosi non di un solo artista ma di una collettiva con nomi comunque altisonanti (basti citare Basquiat, Anastasi, Dominicis e Kiefer). Certo è che il peso dei biglietti gratuiti, pari quasi alla metà, è notevole, portando i paganti effettivi sotto quota 10mila (nel weekend di chiusura i curiosi sono stati 879, sempre rigorosamente gratuiti). Altro aspetto che farà discutere è il ritorno in termini di incassi, minori addirittura di quanto sborsato per il cachet del curatore Richard Milazzo (50mila euro, vitto e alloggio compresi): l’esposizione al Mata, infatti, chiude la sua corsa con 36.824 euro. Come noto – e le polemiche estive non hanno mai dato tregua su questo punto – l’intero allestimento della mostra è costato oltre 550mila euro, senza dimenticare l’affitto dello spazio alla Manifattura Tabacchi fino al 2021 (50mila euro l’anno). Confronto impietoso? Confronto giusto?

Per Cavazza è necessario guardare oltre, concentrarsi sull’impatto che l’evento ha avuto in Italia e limitarsi a questi bilanci è un errore: «Modena è una delle poche città che investe nella cultura. Il Mata è nato per essere una casa per l’arte contemporanea, nuovi talenti e linguaggi multimediali. Il nostro obiettivo è coinvolgere e stimolare un pubblico trasversale e con il ‘Manichino’ lo abbiamo fatto». Inoltre – ha aggiunto l’assessore– «i 550mila euro sono arrivati da più soggetti, dalla Regione (209mila euro, ndr), da Apt servizi (100mila euro) e da Confindustria (55mila euro), quindi mi sento di dire che sono stati soldi ben spesi». E’ toccato poi alla dirigente del settore Cultura, Giulia Severi, ricordare come le risorse investite «sono normali per un’esposizione di tale portata. Non ci sono stati sprechi e la cifra comprende tutte le voci, anche le meno eclatanti: dall’accoglienza alle pulizie, dalle assicurazioni alla sicurezza». Infine Cavazza ha ricordato come l’apertura del Mata e la recensione della mostra è apparsa su 57 quotidiani, su otto settimanali e su 17 testate periodiche nazionali. Basterà a silenziare gli scettici?