Modena, 23 agosto 2015 - E se l’Italia battesse la California? Siamo nel campo degli occhiali hi-tech di ultima generazione, passepartout per accedere alla cosiddetta ‘realtà aumentata’, ovvero la capacità di leggere su lenti integrate breaking news, visitare i social, avere informazioni su strade e monumenti.
Custode di questo universo dinamico 2.0 è il colosso Google fondato da Larry Page e Sergey Brin, che da almeno tre anni sta lavorando al prodotto, fino al rovinoso stop di inizio 2015: dopo un lancio commerciale limitato negli Usa (1.500 dollari al pezzo), infatti, il dispositivo è stato ritirato dal mercato per essere perfezionato. E qui entra in gioco una piccola start-up modenese fondata nel 2012, la GlassUp (FOTO), che, a sorpresa, sta sviluppando la medesima tecnologia da quattro anni (già pronto un prototipo), scatenando le ire dello stesso big di Mountain View.
Scomodare la storia di Davide contro Golia non è un’esagerazione: parliamo, in primis, di investimenti abissalmente differenti (miliardi per gli americani, circa 800mila per gli italiani, in parte raccolti col crowdfunding), ma ugualmente Big G ha chiesto agli emiliani di cambiare il nome del loro dispositivo. Casus belli, infatti, non è il brevetto sulla tecnologia – gli occhiali made in Modena permettono solo la visione frontale – ma il termine ‘Glass’. Google, in sostanza, non vuole correre il rischio che, una volta in commercio, i potenziali clienti confondano le lenti futuristiche, con inevitabile concorrenza nelle vendite.
«La vicenda va avanti da tempo – racconta il ceo di GlassUp, Francesco Giartosio –. Due anni fa, dalla California ci hanno semplicemente chiesto via email di cambiare il marchio. La sorpresa mia e dei miei soci Gianluigi Tregnaghi (il più grande esperto di realtà aumentata in Italia, ndr) e Andrea Tellatin è stata tanta, ma abbiamo deciso di proseguire per la nostra strada. Dopo il rifiuto, Google si è rivolto all’ufficio nazionale marchi e brevetti: da allora è in corso una procedura amministrativa. Noi non molliamo».
La mano è passata così ai rispettivi avvocati e, per un momento, sembrava quasi che il colosso californiano mollasse la presa, convinto dal via alla commercializzazione dei suoi Google Glass. Niente da fare: il dispositivo di Big G non ha ancora conquistato il mercato (indefinita la nuova data di lancio), e il pericolo è che i concorrenti, tra cui la GlassUp, brucino i tempi.
«Puntiamo a metterli in vendita entro l’estate 2016 con un costo del modello base sui 300 euro – assicura Giartosio –. Google intanto continua a insistere sul cambio del nome e siamo stati costretti a depositare recentemente una memoria difensiva in cui sosteniamo che ‘Glass’ è un termine comune per gli occhiali, non può essere riservato». Niente passi indietro, insomma: «Abbiamo investito tantissimo sia dal punto di vista economico che di passione. C’era chi pensava fosse impossibile trovare finanziatori – confida l’imprenditore -, invece abbiamo conosciuto le persone giuste per realizzare il prototipo. Noi ci crediamo, le richieste dal mondo sono migliaia e vogliamo conquistare il nostro sogno».