Omicidio di San Felice, il racconto dei vicini

"Guerzoni non tollerava quella famiglia" FOTO Il delitto - VIDEO Il vicino che ha salvato il bimbo - Il testimone

Omicidio a San Felice, sul posto carabinieri e vigili del fuoco (Foto Fiocchi)

Omicidio a San Felice, sul posto carabinieri e vigili del fuoco (Foto Fiocchi)

San Felice (Modena), 2 giugno 2016 - Banali litigi tra vicini di casa, insofferenza per i rumori provocati dalla famiglia che abita al piano di sopra. 

Sarebbe questo il movente all’origine della follia omicida che ieri pomeriggio in una palazzina nel comune di San Felice sul Panaro (foto), nella Bassa modenese, ha provocato la morte di una donna indiana di 62 anni, Kaun Kamaljit. 

Autore dell’omicidio sarebbe un 59enne del paese, Enrico Guerzoni, una persona che viveva in completa solitudine e senza una occupazione. 

Secondo la ricostruzione dei carabinieri del reparto operativo speciale del comando di Modena e della compagnia di Carpi, Guerzoni avrebbe ucciso la donna sparandole un colpo di pistola al viso per poi puntare l’arma contro di sè e tentare il suicidio.

L’uomo è sopravvissuto e ora si trova ricoverato all’ospedale in gravissime condizioni

Una tragedia a cui è scampato per miracolo un bambino di un anno e mezzo, il nipotino (video) che l’anziana custodiva mentre i genitori, entrambi operai, erano al lavoro. 

Il piccolo era di fianco alla nonna quando Guerzoni l’ha uccisa, prima colpendola con un’arma da taglio, pare un coltello, poi con un bastone e infine sparando un colpo con una calibro 22 che pare fosse regolarmente detenuta. 

Erano da poco passate le 15 ieri pomeriggio quando nella palazzina è scoppiato un incendio, vedendo il fumo uscire dal tetto i vicini di casa hanno subito chiamato i vigili del fuoco. L’incendio, secondo gli inquirenti coordinati dal pm Natalini, sarebbe stato appiccato da Guerzoni per far uscire l’anziana di casa e ucciderla.

I pompieri hanno trovato bottiglie piene d’alcol e coperte di stracci nell’appartamento dell’uomo ma anche in vari punti del palazzo, dal sottotetto alle scale: una rete di inneschi che Guerzoni avrebbe pianificato per costringere l’indiana a uscire. Un omicidio che quindi sarebbe premeditato con lucida freddezza.

Appena Kaun ha sentito odore di fumo è uscita con il bambino in braccio e sul portone di casa ha trovato ad aspettarla Guerzoni, armato. Nel frattempo i parenti e vicini di casa tentavano di sfondare la porta chiusa dall’interno, ma quando ci sono riusciti era già troppo tardi. Sono però riusciti a salvare il piccolo.

«La donna era sdraiata a terra in una pozza di sangue e il bambino piangeva, tutto coperto di schizzi di sangue» ha detto sconvolto il fratello della mamma del piccolo.

Quando è arrivato il padre del bambino e figlio della vittima Guerzoni si era appena sparato un colpo alla tempia con la pistola e gaceva agonizzante a terra. 

Appena ha visto gli operatori del 118 tentare di rianimare Guerzoni, l’indiano ha urlato con tutta la sua forza «lasciatelo a terra, lasciatelo morire, non fategli niente!». 

Si aggrappava con forza alla recinzione del cortile, i vigili urbani l’hanno allontanato. Nè ai carabinieri nè alla polizia risultano denunce presentate dalla famiglia di indiani o da Guerzoni relativamente alla convivenza nel palazzo. Ma da quanto emerge nei racconti di parenti e residenti della zona pare che Guerzoni non sopportasse la famiglia. 

«È un tipo particolare, pare che non tollerasse la famiglia di indiani» dicono i vicini. Guerzoni era disoccupato e da quando la madre è morta viveva in completa solitudine. I carabinieri lanciano un appello: «Chiediamo a chi lo conosce e può fornire informazioni di presentarsi al comando provinciale».