Profughi e immigrati, è allarme scabbia: "Le cose peggiorano, servono volontari"

Appello di Porta Aperta: «La situazione è ingestibile». Tutti aspettano la prefettura

I profughi

I profughi

Modena, 4 settembre 2015  - «Queste pustole fanno male», afferma mostrando il braccio. «Ho le ghiandole del collo gonfie e sento prurito, è fastidioso», afferma l’amico, scoprendo la schiena per indicare alcuni grossi foruncoli. E’ allarme scabbia tra i profughi pakistani che da giorni stazionano davanti a Porta Aperta in attesa di ricevere un pasto caldo. «E’ perchè dormiamo fuori la notte, in mezzo all’erba – racconta Muhammad Farzam Sabur – ci prendiamo di tutto e ci ammaliamo; gli insetti ci pungono e ci puliamo quando riusciamo. Ci spostiamo solitamente nei parchi della città, oppure al Novi Sad o qui, accanto al cimitero. Se non altro la temperatura è piacevole, anche perchè – aggiunge in un inglese corretto – non ci sono posti per dormire qui e ci accontentiamo, in attesa del permesso di asilo politico, richiesto a luglio». Il gruppo di stranieri, una quarantina, ci mostra le richieste presentate in Prefettura, indicandosi come ‘i buoni’. «Noi non facciamo male a nessuno – affermano – non rubiano niente, siamo qui perchè nel nostro Paese, a quest’ora, saremmo già morti. Come abbiamo documentato su queste pagine, i pakistani non sono gli unici ad aver adibito il piazzale a dormitorio a cielo aperto. La sera, infatti, intorno al centro di prima accoglienza e nel sottopasso, a qualche centinaio di metri di distanza oppure nella rotatoria si radunano tantissimi stranieri di tutte le etnie, tra cui clandestini i quali, muniti di scatoloni, scelgono un angolino sicuro per trascorrere la notte.

«Ci abbiamo messo cinque mesi per arrivare in Italia – racconta poi Muhammad Riaz – i talebani nel nostro Paese ci danno la caccia e ci uccidono. Siamo passati attraverso l’Iran, la Turchia, la Grecia, la Serbia. Abbiamo viaggiato a bordo di navi, sui treni, sui pulman. A volte abbiamo preso anche taxi. Pensavamo che qui saremmo stati al sicuro, invece siamo deboli e malati. Ma, almeno, non rischiamo la vita ogni giorno. Abbiamo lasciato le nostre famiglie in Pakistan, non era sicuro farle viaggiare con noi; è stata dura. Speriamo di farle arrivare appena otteniamo l’asilo politico».

E mentre tutto il mondo si interroga sulle immagini di Aylan, quel bimbo di appena tre anni trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, anche Modena si fanno i conti con un’emergenza sanitaria di difficile se non impossibile gestione e che probabilmente non tutti si aspettavano. L’appello ai volontari, agli amministratori, ai cittadini parte anche dai responsabili di Porta Aperta, che ammettono di non riuscire più a far fronte alle tante richieste che arrivano ogni giorno.

«Queste persone non rientrano nel progetto Mare Nostrum – afferma Franco Messora, presidente dell’associazione Porta Aperta – ma fanno parte dei rifugiati politici ed attendiamo risposta dalla Prefettura, il problema è che i tempi sono molto lunghi. Ci potrebbero volere mesi». Il direttore del centro, Giorgio Donini, rivolge un altro appello alla cittadinanza: «Sono sempre di più gli stranieri che chiedono un pasto, ma anche vestiario. Servono mutande, maglie e in generale biancheria intima. Se è possibile anche lenzuola e tutto ciò che può risultare utile alla loro sopravvivenza. Si sono presi la scabbia durante il viaggio, ma anche dormendo all’aperto. Ma in città non vi sono strutture idonee ad ospitarli. Non possiamo farli dormire qui, abbiamo venticinque posti letto e sono tutti pieni. Ci vengono solitamente richiesti tre posti per richiedenti asilo, ma sono tutti occupati. Inoltre prima di accedere al ‘sistema’, questi stranieri devono avere i documenti approvati dalla Prefettura. E abbiamo bisogno anche di persone che ci aiutino nella gestione quotidiana. Ecco perchè ci appelliamo a qualche volontario però munito di patente che possa recuperare gli alimenti. Occorre infatti qualcuno che carichi il cibo per portarlo qui da noi. Abbiamo file molto lunghe a pranzo, così come a cena, quando si contano fino a duecento persone. La pressione per noi è evidente; ma è la commissione della prefettura che decide. I problemi riguardano anche le docce, perchè ne hanno bisogno tutti e non ne abbiamo tantissime a disposizione. Per non parlare degli ambulatori medici, perennemente affollati».