Modena, 16 febbraio 2012 - Feroci come bestie. Che bere un bicchier d’acqua o massacrare di botte un anziano è la stessa cosa. E il capobanda, testimonianze alla mano, sarebbe una donna. «La più cattiva dei tre», hanno riferito ai carabinieri due delle vittime. Giovane, forse meno di trent’anni. Tanto spavalda da agire a volto scoperto. Lei dirigeva le operazioni, armata di cutter, e nel frattempo gli altri due uomini, protetti da una sciarpa, pestavano e immobilizzavano gli inquilini. Prima di rivoltar loro la casa per svaligiarla.
 

L’ondata di terrore si è abbattuta nel cuore di Montale lunedì sera, e in poco più di mezzora ha travolto la quotidianità di due famiglie. Entrambe residenti nella stessa palazzina — al civico 1 della centralissima piazza Braglia — e prese di mira dai tre malviventi una dopo l’altra. Con diverse conseguenze.
I primi a vivere l’incubo tra le proprie mura domestiche sono R. R. e la sua compagna. Alle 20,10 il citofono trilla: un filo di voce, non si capisce chi è, ma sarà un vicino. Nel palazzo ci si conosce tutti, così il portone viene aperto. Poco dopo suonano alla porta della coppia, al secondo piano. Un’occhiata dallo spioncino, ma il pianerottolo è un po’ buio, non si vede bene. Sarà comunque lo stesso vicino di prima, avrà bisogno di qualcosa: non vai certo a pensare a un commando di criminali.
 

Appena si abbassa la maniglia, invece, i tre delinquenti fanno irruzione nell’appartamento della coppia, e la violenza comincia: durerà una trentina di minuti. Le due vittime vengono subito imbavagliate, per evitare che possano dare l’allarme. Poi vengono legate ai polsi e alle caviglie con nastro adesivo industriale, scaraventate a terra, uno in salotto e l’altra in camera da letto. E pestate a sangue, con raffiche di calci e pugni che le raggiungono su tutto il corpo.

Mentre li picchiano i banditi — giovani e a quanto pare italiani — ringhiano minacce, chiedono loro con insistenza, tra un colpo e l’altro, dove siano nascosti i preziosi e i soldi. La casa viene rivoltata come un calzino, saltano fuori gli ori, per un valore di alcune migliaia di euro, e qualche banconota da 50. In più i delinquenti si portano via la tv, un pc e due cellulari. Tagliano persino il filo del telefono fisso, tanto per ritardare i soccorsi. E lasciano le due vittime lì sul pavimento, doloranti e paralizzate dalla paura. Ma ancora non hanno finito.
 

I malviventi scendono una rampa di scale e suonano alla porta — qui non c’è nemmeno lo spioncino — di Remo Ferrari e Eugenia Muzzarelli, che di anni ne ha 74. E’ lei ad aprire: i criminali entrano con una robusta spinta, pensano di aver vita facile, ma l’anziana offre una resistenza inaspettata. Ne scaturisce una colluttazione: Eugenia viene messa faccia a terra, con la solita violenza. Uno dei banditi le preme una mano sulla bocca per farla star zitta. La donna è ormai immobilizzata, ma riesce a mordere le dita del suo aggressore con tutta le forza che ha nelle mascelle. Tre denti per poco non si spezzano, ma il delinquente lascia la presa e la 74enne riesce a urlare. Qualcuno può aver sentito e i rapinatori sono così costretti a fuggire dopo pochi minuti, per non rischiare. Il marito di Eugenia, Remo, nel frattempo è stato gettato per terra, contro una parete, e ha battuto la testa.

La banda se ne va, stavolta non viene preso niente. Poco dopo arrivano i carabinieri, tutte le vittime finiscono all’ospedale e, fortunatamente, tra vistosi lividi e dolori vari, nessuno ha nulla di rotto. E infine emerge un altro dettaglio inquietante: da parte dei banditi potrebbe esserci stato un errore di valutazione piuttosto grossolano: nonostante due tentativi, forse non sono mai entrati nell’abitazione che avevano preso di mira. E hanno improvvisato. Nella testimonianza della prima coppia spicca infatti la richiesta dei malviventi, fatta durante il colpo, per sapere «a che piano abita» un’altra persona (omettiamo di proposito il nome n.d.r.). Un altro inquilino del palazzo, probabile obiettivo dei criminali, che a quanto pare è scampato al blitz per puro caso. Una mancanza di lucidità che non esclude la possibilità di un’azione condotta sotto l’effetto di droghe.