Modena, 21 luglio 2012 - SALVATORE CATOZZI, 55 anni, di Novi, l’aiutante tuttofare nella parrocchia di Rovereto. L’uomo sempre al fianco di don Ivan, di cui diceva di essere il fratellastro, perchè adottato dalla famiglia del parroco che ha perso la vita con il terremoto. L’uomo che ha ricevuto Papa Benedetto XVI, il 26 giugno davanti alla chiesa crollata, assieme alle aiutanti di don Ivan che hanno consegnato al Santo Padre una lettera.
 

È lui il presunto orco che giovedì sera era nelle docce del campo tenda di Rovereto assieme a un ragazzino marocchino di undici anni. Catozzi era completamente nudo e cercava di avere un rapporto sessuale con il ragazzino: in questo atteggiamento l’ha sorpreso un ospite delle tendopoli che ha subito chiamato i carabinieri, appena entrati nell’area per un controllo antisciacallaggio.
 

L’INTERVENTO dei militari è stato tempestivo e ha evitato il linciaggio, la famiglia del ragazzino e molti altri sfollati stavano per saltargli addosso inferociti.
Il 55enne è finito in manette per atti sessuali con minori, ora si trova in carcere in attesa di essere interrogato dal giudice.
La vicenda ha sconvolto un paese e una Diocesi intera, ma ha messo in subbuglio anche la Protezione civile Ravenna, che gestisce il campo.
Perchè Catozzi circolava liberamente tra le tende di sera? Perchè non è stato accompagnato dai volontari fino alla tenda della persona che diceva di voler ‘visitare’?
 

É entrato come un normale visitatore, esibendo solo la carta di identità. Anche lui è sfollato perchè abitava nella canonica della chiesa, resa inagibile dal terremoto e adesso vive in un container.
La capo campo della Protezione civile si è chiusa a riccio dicendo di non voler parlare. All’ingresso del campo non è possibile nemmeno chiedere informazioni, i volontari allontanano i giornalisti senza dare spiegazioni. Dal Dipartimento nazionale nessun commento.
 

É FUORI, vicino al chiosco poco distante, che le voci si levano chiare e forti.
«Quell’uomo fa schifo
— dice un ospite del campo — l’hanno fatto entrare solo con la carta di identità, noi invece dobbiamo esibire un tesserino di riconoscimento». E mostra un foglio di carta in cui è scritto il suo nome, il numero della tenda e un codice.
Forse Catozzi ha detto all’ingresso di essere il fratellastro del prete, in nome di questa adozione di cui lui parla ma di cui nessuno oggi è più essere sicuro.
Fatto sta che è entrato e ha avvicinato il ragazzino. Lo conosceva già? Forse sì. Voci tra le tende parlano di regali che Catozzi gli dava, come un padre benevolo che aiuta i parrocchiani. Le indagini dei carabinieri andranno a fondo per capire se episodi del genere fossero già accaduti, prima e dopo il terremoto.
 

La frazione di Rovereto e tutta Novi sono sotto choc. Già la notizia di una tentata violenza ai danni di un minore era pesante come un macigno, quando poi si è scoperta l’identità del molestatore si è levato lo sdegno da tutto il paese. Salvatore Catozzi lo conoscono proprio tutti, si è sempre dato da fare nella parrocchia e per la comunità. Con il senno di poi adesso tutti vedono una certa morbosità nei suoi comportamenti, un atteggiamento forse troppo affettuoso verso i ragazzi di Novi.
Un vicenda del genere scuote le coscienze ed è difficile ragionare con lucidità. Certamente ricorre tra i roveretani l’opinione che Catozzi volesse mettersi in mostra ma don Ivan lo teneva a freno, come un fratello maggiore. E dopo la morte del parroco questa esuberanza sia esplosa, come durante la visita del Papa.
 

PARE CHE CATOZZI non fosse nella lista ufficiale delle persone che dovevan ricevere il Santo Padre ma si sia intrufolato. Di certo quel giorno non sembrava intrufolato: ha salutato Benedetto XVI e l’ha abbracciato, consegnandogli il santino di don Ivan.
«Il terremoto ci ha portato buio e angoscia, abbiamo bisogno di una chiesa in cui pregare» disse al Papa il 26 giugno.
Adesso Salvatore Catozzi ha bisogno di un avvocato e il paese di Novi di andare avanti nonostante questa orribile storia.
 

Silvia Saracino