La recensione de ‘L’onorevole’ degli studenti del Liceo San Carlo

Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Storchi

Le studentesse autrici della recensione de ‘L’onorevole’ in scena allo Storchi

Le studentesse autrici della recensione de ‘L’onorevole’ in scena allo Storchi

Modena, 12 dicembre 2016 – L’Onorevole di Leonardo Sciascia del 1965 è definito dall’autore stesso uno “sketch”, un ritaglio di vita della società italiana che, partendo dal dopoguerra nel 1947 e arrivando agli anni Sessanta, rappresenta i tumulti politici del tempo e la corruzione dilagante che si impossessa dell’animo di un uomo onesto rendendolo schiavo del potere. É proprio per questo che l’animo dello spettatore viene toccato sensibilmente da questo morality-play in scena al teatro Storchi che, pur risalendo a circa cinquant’anni fa, è incredibilmente attuale.

La storia di vita del Professor Frangipane è messa in scena dalla coppia di registi e attori Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che interpretano rispettivamente l’Onorevole e il monsignor Barbarino, attraverso la divisione dell’azione in tre differenti “tempi” che presentano la trasformazione dell’uomo da umile professore a Onorevole.

Nel contempo anche l’ambiente e i caratteri che circondano il personaggio sono soggetti ad un mutamento. La monotona realtà del professore, mantenuta grazie alle frequenti lezioni private, viene bruscamente stravolta dalla richiesta del Monsignore di candidarsi per il partito democristiano. Nonostante i primi dubbi, accetta l’incarico acconsentendo quindi a lasciarsi alle spalle i suoi vecchi ideali. Il passare del tempo e il graduale accrescimento del potere sono rappresentati da una scenografia in continua espansione, che viene modificata dagli attori stessi davanti agli occhi degli spettatori.

Il fatto che siano proprio i mafiosi che collaborano con Frangipane a effettuare questi cambi di scena, rendendo lo studio dell’Onorevole sempre più grande e lussuoso, simboleggia che grazie a questi riesce ad ottenere così vasto appoggio e potere. Infatti dopo aver garantito la vittoria ai democristiani nelle prime elezioni del ’48, il suo potere gli permette di preoccuparsi solo del suo successo, portandolo ad ostacolare i compagni del suo partito. Fofò, suo genero, rappresenta la volubilità dell’animo umano poiché anche le sue convinzioni più profonde cambiano facilmente per convenienza: da una posizione politica scomoda quale il comunismo ad una più favorevole al fianco di Frangipane nei democristiani. Tra tutti i caratteri in cambiamento nell’opera, la figura della moglie Assunta è quella più provata, al punto da trascurarsi e impazzire.

Col tempo comincia a prendere le vecchie abitudini del marito, per mantenere in vita l’uomo che amava, assumendone l’ossessione per il “Don Chisciotte”. La “pazzia” della moglie è però smentita dal “presentatore” che, interrompendo bruscamente la vicenda, la rivela come uno scherzo, dimostrando l’impossibilità dell’esistenza di una figura femminile che si contrappone così fortemente allo stile di vita del marito. Questo perché siamo in un mondo nel quale la corruzione dilaga e perciò credere che qualcuno si voglia liberare degli agi derivanti da questo sembra una burla. Colpisce che il discorso finale sia pronunciato dal mafioso più importante perché questa scelta di regia serve ad attualizzare l’opera. Ci vengono mostrate le foto della vita condotta dalla famiglia Frangipane e in particolare da Assunta, la quale è orgogliosa della sua nuova condizione.

La rappresentazione si conclude con un’onda che si innalza mentre il discorso dell’Onorevole procede. Il mare travolge i personaggi mentre quello pronuncia “cras ingens iterabimus aequor”, “domani risolcheremo l’infinito mare”, frase iniziale dello spettacolo come a chiudere il cerchio della storia. L’onda spazzerà via la corruzione o tutto resterà come prima?

Martina Chiapponi, Klara Hoxha, Francesca Rompianesi, Maria Teresa Vannini

Classe 5C, Liceo Classico San Carlo