Venerdì 17 Maggio 2024
Rita Bartolomei
Cronaca

Sponsor per l’arte ferita dal terremoto: “In cassa solo 30mila euro”

Sassuolo, viaggio nel centro che accoglie più di 2.000 opere VIDEO1 / VIDEO2)

Una restauratrice al lavoro (Foto Bartolomei)

Una restauratrice al lavoro (Foto Bartolomei)

Sassuolo (Modena), 9 gennaio 2015 - La grande tela del Guercino è impacchettata tra tante altre, un enorme incarto bianco appoggiato a un’impalcatura di metallo, da un lato pende un cartello con la diagnosi: intervento a lungo termine. Aspetterà. È uno dei 2.064 capolavori ricoverati qui nel palazzo Ducale di Sassuolo, gioiello barocco, casa estiva di Francesco I d’Este, tra fontane disegnate dal Bernini e affreschi.

Al piano terreno mille metri quadri di stanze dedicati all’arte ferita dal terremoto, un deposito, sale prima chiuse al pubblico e in attesa di un restauro che è stato poi bloccato dagli eventi. Ad accogliere chi entra il trittico di Bernardino Loschi, un vanto, appena restaurato a Reggio Emilia, stava a San Felice. E ancora pale di cinque metri per quattro, statue, paramenti sacri del Settecento, reperti di epoca romana e opere del Novecento. Cristi e Madonne, angeli, soffitti lignei del 400 e armadi dell’800. Tra le star anche Antonio Begarelli, suo un gruppo scultoreo che arriva da Bomporto. Tutto protetto da sofisticati sistemi d’allarme. Un patrimonio inestimabile. Anche affettivo, emotivo, spirituale. «Quando si organizzano le visite guidate la gente arriva per ritrovare le ‘sue’ cose», sorride Marco Mozzo, funzionario della Soprintendenza responsabile di questo enorme cantiere.

Si chiama centro di raccolta, è come un ospedale da campo. Con organizzazione svizzera, però. E codice ‘qr code’ per ogni opera, carta d’identità telematica leggibile da tablet e smartphone. Oggi c’è aria di ripresa da dopo le feste. Freddo, tanto, per il bene dell’arte e forse anche delle casse. Al lavoro cinque restauratrici, tutte selezionate tra i diplomati eccellenti dell’Opificio Pietre dure di Firenze e dell’Istituto per il restauro di Roma. Quadri e statue sono arrivati spesso in condizioni disperate. Sepolti dalle macerie di chiese praticamente distrutte, vedi San Francesco a Mirandola. E questo è un bel problema: se la ‘casa’ non c’è più, come si fa? Si resta qui. In attesa.

I restauratori curano la messa in sicurezza. Due sale sono state trasformate in laboratori, quasi set cinematografici. Foto e video per documentare il prima e il dopo. Aspirapolveri e pennelli, spugne e velinature per rimediare ai guai delle macerie. Finora hanno trattato 1.170 pezzi. Ma solo 20 sono stati poi restaurati. Non c’è il rischio che tutto questo patrimonio rimanga impacchettato per anni? Mozzo sospira: «Sì, ma pensiamo positivo. Qui si tampona il degrado. Ci saremo finché ci sarà bisogno di noi. Dovranno passare almeno 5-6 anni per poter restituire le opere alla comunità. Certo, siamo condizionati dalle risorse economiche... Per ora possiamo arrivare a marzo. In cassa sono rimasti 30mila euro». Ecco il tasto dolente. Chi paga? «I fondi del commissario alla ricostruzione sono riferibili solo a beni immobili», chiarisce Carla di Francesco, direttore regionale dei Beni Culturali. La stessa che ha finanziato il cantiere di Sassuolo assieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, «un partner importante che ha compreso il valore dell’iniziativa», è riconoscente Mozzo. Il centro del palazzo Ducale è costato finora 600mila euro, allestimento compreso. E quando finiscono i soldi? «La grande sfida è proprio questa – non si piega al pessimismo il padrone di casa –: riuscire a garantire il lavoro nei prossimi anni». Messaggio in bottiglia: si cercano sponsor.