Terremoto in Emilia, "Anni per tornare alla normalità. Sempre più urgenti gli sconti fiscali"

Viaggio nei centri storici, tra cantieri e palazzi ancora disabitati VIDEO: 1 / 2

Mirandola, chiesa di San Francesco. A sinistra nel maggio 2014, a destra nel 2015

Mirandola, chiesa di San Francesco. A sinistra nel maggio 2014, a destra nel 2015

Modena, 4 maggio 2015 - LA CHIESA di San Francesco a Mirandola è esattamente come un anno fa e come l’anno precedente. Soffocata da una corazza di acciaio, un intrico di tubi che tiene su quel che resta e ormai fa parte di questo paesaggio ferito. Monumenti, negozi, palazzi. La fatica della ricostruzione, tre anni dopo il terremoto, si misura da qui. Dai centri storici. Le zone rosse non ci sono più. Vedi tanti cantieri aperti ma anche intere strade di palazzi ancora puntellati. Deserti, come i negozi. Silenzio, pochi passanti. Due anziani procedono lenti, a braccetto, nel centro di Mirandola, una sosta per ogni avviso di cantiere. Un passatempo. Dove sono arrivati, oggi?

Ecco, ma quanto tempo ci vorrà perché la gente torni a vivere davvero il cuore dei paesi? Se lo chiedi ai commercianti rispondono: «Una vita». «Una vita», la prospettiva di Licia Giovanelli della Nuova forneria a Novi di Modena gestita dai figli. Coraggiosi. Dopo sei mesi di ‘casette’, la scelta di trasferirsi in centro. Il problema, «la gente non spende». Un po’ per paura, un po’ perché i soldi non ci sono.

I SINDACI abbreviano. «Ancora tre-quattro anni». Lo dice Rudi Accorsi, Pd, che governa a San Possidonio, meno di 4mila abitanti. Analisi realistica: «Sulle case private va anche bene, da noi erano 700 quelle che avevano bisogno di ristrutturazione, oggi il 15% è finito. Sulle imprese così e così, la pratica Sfinge è troppo lenta. Ma soprattutto siamo in difficoltà sulla parte fiscale. Che sta mettendo in ginocchio i nostri centri. Non basta aver spostato i pagamenti a giugno dell’anno prossimo. Quando dovremo onorare quella scadenza, la metà del nostro commercio andrà in grandissima difficoltà. Qui c’è bisogno della fiscalità di vantaggio, una tassazione più lieve per alcuni anni in certe zone, sicuramente nei centri storici. Dove la ricostruzione è più lenta anche perché i piani sono regolati da una burocrazia molto molto complessa. Non solo. Spesso i lavori s’allungano perché i privati si devono mettere d’accordo». Maino Benatti, sindaco democratico di Mirandola, è più ottimista: «Qui oltre il 50% dei negozi ha riaperto, 120 su 200. I progetti sulla chiesa di San Francesco? Chieda alla Soprintendenza. Anzi, glielo chiederemo noi. Stiamo cercando di organizzare un’iniziativa per fare il punto».

Poi, facendo i conti. Tre anni dopo il terremoto «è stato erogato un miliardo». Lo spiega Accorsi, dopo l’ultimo comitato con la Regione. Vuol dire il 15% dei quasi 7 miliardi a disposizione, non è poco? Il sindaco sospira: «Eh, ci siamo resi conto che ci vuole tanto tempo per ricostruire case, aziende, centri. Almeno sei-sette anni. Senza le chiese. Che saranno le ultime. Tra dieci anni forse...».