La giustizia secondo Francesco: "L'ergastolo è un'esecuzione. Abolire la pena di morte"

Il Papa chiede di abolire la "pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie nel rispetto della dignità umana"

Papa Francesco (Afp)

Papa Francesco (Afp)

CITTA' DEL VATICANO, 23 ottobre 2014 -  Abolire la "pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie nel rispetto della dignità umana", chiede Papa Francesco  in un denso discorso alla Associazione Internazionale di Diritto Penale ricevuta oggi in udienza.

E il Pontefice aggiunge che "l'ergastolo è una pena di morte nascosta" e condanna anche per le "cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali". "Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono chiamati oggi o a lottare non solo per l`abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà", ha detto Jorge Mario Bergoglio: "E questo, io lo collego con l`ergastolo. In Vaticano, da poco tempo, nel Codice penale del Vaticano, non c`è più, l`ergastolo. L`ergastolo è una pena di morte nascosta".

E non è finita.- "La carcerazione preventiva - dice il Papa -  quando in forma abusiva procura un anticipo della pena, previa alla condanna, o come misura che si applica di fronte al sospetto più o meno fondato di un delitto commesso,  costituisce un'altra forma contemporanea di pena illecita occulta, al di là di una patina di legalità".  

IN DETTAGLIO  - Il Papa ha sottolineato: "Le cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali sono omicidi deliberati commessi da alcuni Stati e dai loro agenti, spesso fatti passare come scontri con delinquenti o presentati come conseguenze indesiderate dell'uso ragionevole, necessario e proporzionale della forza per far applicare la legge". Il Pontefice ha così puntato il dito contro gli Stati che tolgono "la vita non solo con la pena di morte e con le guerre, ma anche quando pubblici ufficiali si rifugiano all'ombra delle potestà statali per giustificare i loro crimini". Si tratta per Francesco delle stesse esecuzioni extragiudiziali "perpetrate in forma sistematica da entità non riconosciute come tali, e rappresentano autentici crimini". Come dire che l'Isis non ha l'esclusiva delle brutalità.  Nel suo discorso Francesco si sofferma sull'aggettivo "crudele" che ben si applica, dice, a "queste figure che ho menzionato", dietro le quali "c'è sempre quella radice: la capacità umana di crudelta'". "Quella - rileva - è una passione, una vera passione!". Infatti, osserva, "le torture ormai non sono somministrate solamente come mezzo per ottenere un determinato fine, come la confessione o la delazione, pratiche caratteristiche della dottrina della sicurezza nazionale, ma costituiscono un autentico plus di dolore che si aggiunge ai mali propri della detenzione". "In questo modo - denuncia Francesco - si tortura non solo in centri clandestini di detenzione o in moderni campi di concentramento, ma anche in carceri, istituti per minori, ospedali psichiatrici, commissariati e altri centri e istituzioni di detenzione e pena". Secondo il Papa, "la stessa dottrina penale ha un'importante responsabilità in questo, con l'aver consentito in certi casi la legittimazione della tortura a certi presupposti, aprendo la via ad ulteriori e più estesi abusi. Molti Stati sono anche responsabili per aver praticato o tollerato il sequestro di persona nel proprio territorio, incluso quello di cittadini dei loro rispettivi Paesi, o per aver autorizzato l'uso del loro spazio aereo per un trasporto illegale verso centri di detenzione in cui si pratica la tortura". "Questi abusi - conclude Francesco - si potranno fermare unicamente con il fermo impegno della comunità internazionale a riconoscere il primato del principio pro homine, vale a dire della dignita' della persona umana sopra ogni cosa".

 LA CORRUZIONE DA PUNIRE -   Secondo Francesco "la sanzione penale" contro la corruzione "è selettiva. È come una rete che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel mare". "Le forme di corruzione che bisogna perseguire" più severamente, ha spiegato il Santo Padre "sono quelle che causano gravi danni sociali, sia in materia economica e sociale - come per esempio gravi frodi contro la pubblica amministrazione o l'esercizio sleale dell'amministrazione - come in qualsiasi sorta di ostacolo frapposto al funzionamento della giustizia con l'intenzione di procurare l'impunità per le proprie malefatte" o per quelle degli altri.

LE PENE PER VECCHI E BAMBINI - Papa Francesco chiede un ripensamento nell'applicazione delle sanzioni penali a bambini e vecchi e nei confronti di altre persone specialmente vulnerabili. "Gli Stati - afferma  - devono astenersi dal castigare penalmente i bambini, che ancora non hanno completato il loro sviluppo verso la maturità e per tale motivo non possono essere imputabili". Secondo il Pontefice, "essi invece devono essere i destinatari di tutti i privilegi che lo Stato è in grado di offrire, tanto per quanto riguarda politiche di inclusione quanto per pratiche orientate a far crescere in loro il rispetto per la vita e per i diritti degli altri".  

DURI CON LA TRATTA DI ESSERI UMANI - Francesco chiede invece pene più severe per "il delitto della tratta delle persone" "La schiavitù, inclusa la tratta delle persone, è riconosciuta - ricorda - come crimine contro l'umanità e come crimine di guerra, tanto dal diritto internazionale quanto da molte legislazioni nazionali. E' un reato di lesa umanità. E, dal momento che non è possibile commettere un delitto tanto complesso come la tratta delle persone senza la complicità, con azione od omissione, degli Stati, è evidente che, quando gli sforzi per prevenire e combattere questo fenomeno non sono sufficienti, siamo di nuovo davanti ad un crimine contro l'umanità". Secondo il Papa, la massima severità va applicata anche "se accade che chi è preposto a proteggere le persone e garantire la loro libertà, invece si rende complice di coloro che praticano il commercio di esseri umani, allora, in tali casi, gli Stati sono responsabili davanti ai loro cittadini e di fronte alla comunità internazionale".