Venerdì 19 Aprile 2024

Prestito per anticipare la pensione. Paga l’azienda, poi rimborso a rate

L’ipotesi del governo: applicazione non solo ai lavoratori a rischio. Stop dall'Europa: "Solo ponendo un freno agli assegni anticipati si garantiscono i giovani"

PENSIONI / I FATTI

PENSIONI / I FATTI

Roma, 6 ottobre 2015 - IL NOME tecnico è «Apa», Assegno pensionistico anticipato: in pratica, una versione riveduta e corretta del prestito pensionistico ipotizzato qualche anno fa dall’ex ministro Giovannini, con la fondamentale differenza che nell’ultima formula in cantiere a pagare il trattamento di circa 750-800 euro mensili, con annessi contributi, sarebbe quasi completamente l’azienda, salvo ottenere indietro, in prospettiva, una quota del costo sostenuto. È l’ipotesi al momento più gettonata per introdurre nella legge di stabilità una qualche forma di flessibilità in uscita, riservata soprattutto ai lavoratori senior a rischio disoccupazione, ma utilizzabile anche in generale, se non dovessero passare misure più estese: come il pensionamento a 63 anni con penalizzazioni del 3-4 per cento per ogni anno mancante ai 66 e 7 mesi, o, solo per le donne, una misura analoga all’opzione donna, ma con requisiti più elevati degli attuali.

TUTTO questo, però, mentre dalla Commissione europea, nel Rapporto sull’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, si sottolinea proprio l’esigenza di porre un freno ai pensionamenti anticipati – al di sotto dei 40-45 anni di versamenti – come condizione-chiave per garantire un equo trattamento anche alle future generazioni. Vediamo, in particolare, come dovrebbe funzionare il meccanismo. Si prevede che i lavoratori dipendenti del settore privato, sulla base di un accordo con l’azienda, possano percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia, con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente percepita. L’interessato dovrebbe aver raggiunto le seguenti soglie minime: sono stati ipotizzati 63 anni e tre o sette mesi di età e anzianità contributiva di 36 anni oppure 62 anni e tre o sette mesi di età e anzianità di 37 anni. Si discute anche se l’importo della pensione già maturata alla data della domanda dovrebbe essere almeno pari a 2 volte l’importo del trattamento minimo Inps (poco più di 1.000 euro nel 2014).

IN SOSTANZA, l’anticipo della pensione sarebbe di tre o quattro anni. L’assegno anticipato si aggirerebbe intorno a 750-800 euro mensili per tredici mensilità e, al raggiungimento dei requisiti standard, diventerebbe automaticamente l’ordinaria pensione di vecchiaia, calcolata secondo le regole generali, ma diminuita di una quota misurata convertendo in rendita la somma degli assegni erogati. La trattenuta sulla pensione piena potrebbe aggirarsi tra i 50 e i 70 euro mensili, con un’incidenza percentuale sulla rendita compresa tra il 2 e il 4 per cento. A finanziare il meccanismo sarebbero soprattutto le imprese, sia versando un contributo una tantum pari a 18-24 mensilità dell’importo dell’assegno anticipato (soluzione prevista anche nel progetto Giovannini) sia pagando i contributi per gli anni mancanti all’età normale (onere già previsto, invece, anche nella formula, scarsamente utilizzata, inserita per i lavoratori in esubero nella legge Fornero sul mercato del lavoro). Le stesse imprese, però, potrebbero ripagarsi il «costo» dell’operazione ricevendo indietro dall’Inps una quota di quanto erogato a mano a mano che il lavoratore rimborsa il prestito.

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