{{IMG_SX}}Pesaro, 13 giugno 2008 - Entro il 21 luglio la famiglia marocchina deve lasciare la casa popolare di Ginestreto occupata abusivamente. Così ha sentenziato ieri mattina il giudice del tribunale al termine dell’udienza della causa civile avviata dall’Erap. L’ente è ritornata in possesso dell’appartamento, ma sono stati concessi 40 giorni di tempo agli occupanti per trovare un’altra sistemazione.

 

''E’ stata accolta la nostra istanza — ha dichiarato Nello Maiorano dell’Erap — a dimostrazione che gli occupanti abusivi non sono intoccabili. L’ente ha affrontato la vicenda con efficacia ed efficienza. Alla famiglia è stato concesso poco più di un mese di tempo per lo sgombero, tenuto conto delle condizioni della signora Arrowi, incinta di due mesi''.

 

Ieri in tribunale c’era anche Kalid Arrowi, accompagnato dalla figlia di tre anni. ''So di avere sbagliato, chiedo scusa a tutti — ha commentato —. Sto cercando una casa dove andare, ma gli affitti sono troppo alti. Se c’è qualcuno che mi può aiutare si faccia avanti, a me basta anche una stanzetta, anche un container. Se per il 21 luglio non sarò riuscito a trovare niente, probabilmente me ne ritornerò in Marocco. Ringrazio i miei colleghi della Ilva glass e il mio datore di lavoro che mi hanno capito. Loro sanno che non sono un delinquente e che l’ho fatto solo perché avevo bisogno''. Ora Kalid e la consorte dovranno affrontare la causa penale.

 

La storia, che il Resto del Carlino ha seguito passo per passo, sta per concludersi come sarebbe dovuta iniziare: con l’entrata nella casa della legittima proprietaria, la congolese Kapya Kyenge (foto), 42 anni, madre di due ragazzine di 16 e 11 anni. Massimo il 21 luglio, Kapya varcherà la tanto agognata soglia dell’interno 2 di via del Crinale 20. Qualora la famiglia Arrowi lasciasse la casa prima di tale data, l’insediemento potrebbe avvenire anticipatamente.

 

''Questa volta — commenta ironica — appena mi consegneranno le chiavi mi affretterò a fare il trasferimento. Con questa sentenza si è fatto capire che la legge esiste e va rispettata. Se il giudice avesse concesso alla famiglia congolese di restare ulteriormente nella casa o l’Erap gliene avesse assegnata un’altra avrebbero incentivato l’illegalità. Ringrazio il sindaco, il Comune e l’Erap per avermi ascoltata — continua —, ma il grazie più sentito va al segretario della Lega Nord Dante Roscini, che ha combattuto questa 'battaglia' con me. Quando l’ho chiamato per chiedergli aiuto pensavo che mi avrebbe chiuso il telefono in faccia. Partivo con il pregiudizio che i leghisti ce l’avessero con tutti gli extracomunitari. Invece, è stato molto disponibile e quello che abbiamo ottenuto va a favore di tutti coloro che in futuro avrebbero potuto trovarsi nella mia situazione se noi non avessimo vinto questa 'battaglia' per la legalità''.

 

E’ stato proprio Roscini ad informare Kapya della sentenza. ''Sono soddisfatto del risultato — ha detto Roscini —, mi complimento con la magistratura e con l’Erap per come hanno condotto il caso. E’ stato trasmesso un messaggio preciso: chi non rispetta le regole va sanzionato. I tempi, però, sono lunghi. Se tra ufficio tecnico, anagrafe e vigili urbani ci fosse un filo diretto certe vicende si risolverebbero sul nascere. Invece ognuno va per la sua strada. Quando la famiglia Arrowi ha occupato la casa popolare ha fatto richiesta per risiedervi. Nessuno ha controllato se la casa era stata assegnata a loro e la richiesta è stata accettata. Se non me ne fossi accorto io, probabilmente le pratiche sarebbero ancora in corso''.

 

Si conclude così una vicenda emblematica, che ha appassionato la cittadinanza e coinvolto autorità politiche ed enti amministrative. Una vicenda che ha messo in luce i problemi degli immigrati nel nostro Paese, la difficoltà di alcuni di loro di adattarsi alle regole e le nostre debolezze nel farle rispettare. Insomma, una vicenda che farà ancora parlare, per le sue forti implicazioni politiche e sociali.