Banca Marche, dai risparmiatori 1,5 miliardi. Le Fondazioni: facciamo causa

Azionisti e obbligazionisti: l’azzeramento costa caro

Luciano Goffi, già direttore generale della vecchia Banca Marche, è ora amministratore delegato della ‘Nuova’

Luciano Goffi, già direttore generale della vecchia Banca Marche, è ora amministratore delegato della ‘Nuova’

Pesaro, 25 novembre 2015 - Un disastro che costa alle Marche un miliardo e mezzo di euro, escluse le ricadute a cascata nei singoli territori. Le due Fondazioni di Jesi e Pesaro, ex socie oramai della vecchia Banca Marche non ci stanno e annunciano carte bollate contro l’operazione di salvataggio che le impoverisce per 300 milioni di euro. Altri 200 milioni a Macerata e 45 a Fano. La Fondazione Carima, già nel 2013, avrebbe voluto aprire un’azione risarcitoria contro gli ex vertici della banca. I primi a pagare sono i piccoli risparmiatori, circa 43mila piccoli azionisti e un migliaio di obbligazionisti subordinati. Calcolando un valore medio di acquisto di poco meno di un euro, il dissesto della banca è costato ai soci di Banca Marche quasi 1,2 miliardi di euro. Compresi i 180 milioni di euro relativi all’ultimo aumento di capitale del 2012, ma escluse le obbligazioni subordinate per un valore di 400 milioni di euro.

Oltre un miliardo e mezzo di risparmi e investimenti. Il consiglio di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, guidata da Alfio Bassotti, ha effettuato un primo esame della soluzione adottata dalle competenti autorità per risolvere la crisi di Banca delle Marche. «Preso atto – dicono dalla Fondazione Carisj – che la soluzione assicura la continuità operativa nella Nuova Banca Marche, a parziale tutela dei risparmi delle famiglie e delle imprese, preservando attualmente i rapporti di lavoro in essere, non può non rilevarsi che l’onere del salvataggio, è innanzitutto a carico degli oltre 40mila azionisti e dei portatori di obbligazioni subordinate».

«Tutto ciò è pure il risultato di valutazioni afferenti i crediti problematici, il cui importo complessivo eccede, ampliamente, la normale prudenza: a ciò si aggiunga anche che lo stesso criterio è stato adottato per gli accantonamenti a garanzia degli stessi. Una valutazione – prosegue la nota della fondazione jesina – che non trova riscontro alcuno in altre banche italiane confrontabili per importanza all’istituto marchigiano. La Fondazione pertanto, ritiene doveroso, a tutela del valore dei propri investimenti, formulare ogni più ampia riserva di esercizio di tutte le prerogative consentitole dalla legge». Il cda ha «dato mandato al presidente Bassotti di promuovere una serie di incontri finalizzati a delineare un’azione comune a difesa dei propri legittimi interessi, sia con le Fondazioni ex socie di Banca delle Marche che con le Fondazioni fuori Regione».

Analoga reazione anche dalla Fondazione di Pesaro, che sceglie le stesse parole per contestare l’operazione ai danni dei soci per concludere: «Riteniamo doveroso, quali organi di governo della Fondazione, a tutela del valore dell’investimento, formulare ogni ampia riserva di esercitare tutte le prerogative consentite ai termini di legge». Non sarà facile, comunque.