San Marino e il golpe dei ‘goliardi’. «Io, Ciano e l’ironia al potere»

Tullio Giacomini: «Issai la bandiera della libertà contro i comunisti»

Tullio Giacomini

Tullio Giacomini

Pesaro, 31 agosto 2014 - PROTOTIPO del bon vivant se ce n’è uno, Tullio Vittorio Giacomini alle soglie degli 80 anni gira per Pesaro elegantissimo come e più di prima. E racconta la sua vita “scapigliata”, un romanzo, dove il vero e il verosimile si sovrappongono. Si è calmato l’uomo che scalò le mura del castello di Faetano per «issare la bandiera della libertà». La vicenda è quella del leggendario colpo di stato di San Marino, paese di cui il pesarese Tullio Vittorio ha la cittadinanza.

«E’ il 1957 è c’è una grave crisi politica dell’unica maggioranza social-comunista che governa uno Stato del blocco occidentale».

Cosa accadde?

«I socialisti si spaccarono, i Dc del Titano fecero un governo in esilio a Dogana. E Scelba mise i carri armati ai confini».

E lei cosa fece?

«Entrai a Faetano con due amici pesaresi, sotto il naso dei militari italiani. Vado a issare la bandiera della libertà a Faetano, ma vengo arrestato dalle guardie rosse. Incendiamo la cella e fuggiamo».

Un improbabile colpo di stato.

«Torno a Rimini e creo un altro governo di San Marino in esilio: sono il rappresentane del governo corporativo civile sammarinese».

Il passo successivo?

«Mando 87 mila lire dell’epoca di telegrammi. I destinatari sono Adenauer, De Gaulle, Eisenhower, Nasser. Mi proclamo primo ministro e nomino il mio governo in esilio. Leggo il proclama alla stazione di Rimini davanti a telecamere e microfoni delle televisioni di tutto il mondo».

Chi c’era in questo governo?

«Miei amici. Galeazzo Boattini, che aveva una scuola guida, ai trasporti. E soprattutto Marzio Ciano agli Esteri».

Cosa le rimase di quella avventura?

«Oltre al divertimento i soldi da pagare. Mia madre pensò ai telegrammi, i miei amici si fecero carico di diecimila lire di fotocopie».

Lei fu grande amico di Marzio Ciano.

«Venne a Pesaro a 15 anni per curarsi, ospite della famiglia Lucchetti e per studiare all’Agrario. Passò invece le giornate con noi, aprendoci un mondo».

Il nipote del Duce...

«Non riuscì mai a comporre un dissidio interiore. L’aver visto il padre fucilato per ordine del nonno. Non ci riuscì, anche quando superò il periodo della dipendenza dall’alcol».

Con lui...

«Scoprimmo un mondo. Era un ragazzo ricco che non aveva soldi in tasca, ma credito ovunque. A 18 anni partiamo per Livorno per raggiungere Carolina Ciano, nonna di Marzio. Avevamo i soldi giusti per la benzina, lei ci sistemò all’Abetone, dove una ragazza ricca si innamorò perdutamente di me».

Bella vita.

«Gli anni delle “tulliacciate”. Andammo a Capri, a Roma. Frequentammo la nobiltà papalina che era cresciuta con Marzio. Io conobbi Edda Mussolini, ballai più volte con lei».

Riccione è una delle mete preferite. Mussolini l’ha inventata come località di vacanza.

«Le porte del dancing Savioli erano sempre aperte per Marzio ed i suoi amici. Una sera ribattezzammo il viale che conduce al mare in Viale della Repubblica Sociale. Beccando due mesi di condanna per vilipendio».

La “tulliacciata” più in voga?

«Ci fermavamo alle case del popolo. E Marzio invitava tutti a bere alla salute del nonno. Lo facemmo a Villa Fastiggi, a Cattolica e Forlì. Quando ci chiedevano chi era il nonno... scoppiava l’inferno».

Le altre sue vite?

«Con Arnaldo Ninchi negli anni ruggenti del teatro dove ho conosciuto tante straordinarie donne, ma è un’altra storia...».

E adesso?

«Sto a Frontino, nel Montefeltro, dove ho organizzato un festival degli spaventapasseri».