Pesaro, 28 luglio 2011 - Caro Carlino, leggendo il Carlino di domenica scorsa apprendiamo che ben due ladri sono stati catturati dalle Forze dell’Ordine. Questo per noi è un periodo di forti emozioni e di questo ringraziamo le istituzioni. Facciamo parte della schiera dei poveri fessacchiotti che rientrano nelle statistiche dei derubati che il questore ha sciorinato in un articolo apparso una decina di giorni fa. Dove ci informa che sicuramente chi commette i furti non è un professionista e che fossimo stati in possesso di videosorveglianza, non ci sarebbe accaduto nulla, perché la polizia sarebbe intervenuta 'in tempo reale'. Facciamo presente che la nostra chiamata telefonica è stata passata dalla Polizia ai Carabinieri perché 'non c’erano auto disponibili'. Quindi chiederemmo al Questore di interrogarsi sulla opportunità di fare un quadro veritiero delle condizioni in cui si trovano ad 'operare' i suoi sottoposti.

 


Le forze dell’ordine, senza mezzi adeguati e con organici sottodimensionati, svolgono un lavoro mal retribuito, pericoloso e frustrante, non per la loro incapacità, ma per un sistema garantista che tutela con maggior attenzione i delinquenti rispetto alle vittime. Prova ne è il trattamento riservato dal magistrato ai due rumeni catturati. Secondo l’articolo, il 'giovane', di ben trenta anni, senza precedenti, è già libero di riprovarci e, grazie al patteggiamento, con fedina penale al momento immacolata. La signora, pluripregiudicata, è stata condannata a 'ben' dieci mesi da scontare ai domiciliari, sperando che ciò non le procuri disagi tali da dover usufruire delle prestazioni di assistenti sociali e psicologi dell’Asur, con ulteriore esborso da parte del contribuente. Al magistrato forse è sfuggito che il codice penale per un reato quale quello commesso dai rumeni, consente l’applicazione di una pena fino a sei anni di reclusione. Purtroppo in Italia è invalsa la malsana abitudine di calcolare la pena partendo dal minimo edittale.
 

 

Nel caso da noi subìto (furto aggravato in abitazione), la pena va da tre a dieci anni di reclusione, che mai verrà applicata. Del resto, a detta dei magistrati, si tratta di 'microcriminalità'. Tuttavia, è proprio quella che lede la libertà e crea allarme sociale, tale da costringere il cittadino onesto a modificare le proprie abitudini di vita, diventando recluso in casa propria, grazie ad inferriate, allarmi, cancelli, per non parlare dello stato d’ansia che accompagna le giornate e soprattutto i rientri a casa. Ci si trova paradossalmente a dover auspicare che i ladri entrino nelle case in assenza dei proprietari e non facciano del male agli animali, come purtroppo spesso avviene. Sempre in tema di tutele, mentre per i derubati sono stati pubblicati nomi, cognomi, professioni, indirizzi, e ammontare dei danni, per questi due individui si è applicata la legge sulla privacy, restando sconosciute le generalità e le residenze.

 


In conclusione, fino a quando i magistrati si ostineranno a non applicare le norme che il legislatore ha messo loro a disposizione, i ladri continueranno a rubare indisturbati sapendo di non rischiare nulla, garantendosi facili e cospicui proventi. Al contrario i derubati, oltre alla perdita dei beni sottratti, dovranno subire ulteriori esborsi per riparare le conseguenze degli scassi. Ma se da un lato lo Stato è 'libero' di adottare la politica del lassismo e garantismo, dall’altro avrebbe l’obbligo di prevenire i crimini e comunque di farsi carico delle conseguenze dannose derivanti dalle scelte fatte. Ci rendiamo conto che l’ingiustizia nei nostri confronti è poca cosa rispetto a quella subita dalle vittime di reati più gravi come l’omicidio di cui si sta occupando la cronaca di Pesaro in questi giorni. Non per questo tuttavia si deve sempre e comunque piegare il capo.


Avvocato Stefano Tornimbeni e Maria Maddalena Melchiorri