Pesaro, 23 dicembre 2011 - CARCERE DALLO STALKING per motivi passionali, allo stupro fino alla pedofilia. Questi i delitti che più frequentemente nel nostro Paese caratterizzano i reati di stampo sessuale e che hanno portato la direzione circondariale di Pesaro ad elaborare un progetto di prevenzione perché l’accusato, una volta libero non torni automaticamente a procurarsi vittime.

Il programma che prevede la collaborazione di un’équipe di 4 esperti in psicopatologia forense coordinati dal criminologo Marco Ricci Messori dell’Università Politecnica delle Marche «è certamente all’avanguardia — spiega il professore —. Quest’unità di trattamento per la prevenzione della recidiva anti sex offender è certamente l’unica marchigiana e per ora la sola del centro Italia. A livello nazionale è preceduta dal progetto pilota di Bollate, in provincia di Milano attivo già da un lustro e che ha già portato interessanti verifiche».

IN CHE SENSO? «Il numero dei casi di reiterazione del reato, sul campione di detenuti soggetti al programma di recupero, è sceso al di sotto del 2 per cento. Il dato è importante perché dimostra l’avvio di un percorso scientifico per il trattamento di individui con impulsi sessuali deviati e allo stesso tempo impiega un metodo d’indagine medico statistico che permette di muovere valutazioni oggettive sull’efficacia di attività di contenimento dei reati e soprattutto del rischio».

LA NOVITA’ è stata presentata ieri dalla direttrice del carcere Claudia Clementi proprio in occasione della costituzione di un’apposita sezione detentiva, anti sex offender quindi,all’interno del carcere di Villa Fastiggi. L’area «funzionale all’attività di trattamento per la riduzione delle condotte lesive», e che in prima battuta si farà carico di una decina di casi, ha suscitato interesse tra i vari operatori istituzionali e in particolare ha avuto i complimenti di Anna Bello, presidente del Tribunale di sorveglianza della regione Marche. II progetto, finanziato dal regionale Assessorato alle Politiche Sociali «è triennale — ha concluso la Clementi — e si ispira all’esperienza trentennale canadese e nord-americana nel trattamento dei sex offenders».

Secondo quanto verificato da Messori infatti «il confronto diretto tra colpevoli di aggressioni sessuali serve ad entrare nella psicologia di individui che tendono a minimizzare gli effetti della violenza prodotta o addirittura a non riconoscere la propria responsabilità. Quindi l’approccio medico non serve a giustificare un comportamento, ma punta a scuotere una coscienza e riattivare i naturali meccanismi di autocontrollo nel reprimere gli impulsi istintuali».