Pesaro, 12 gennaio 2012 - E’ IN FASE AVANZATA l’inchiesta della Procura di Pesaro sugli ammanchi all’Ufficio caccia della Provincia. Partita da un esposto presentato mesi fa dall’ex consigliere provinciale dei Verdi Claudio Mari sulla disinvolta gestione dei bolli per licenze di pesca, appostamenti fissi di caccia e attestati di esami di caccia relativi all’anno 2010, ha allargato il suo raggio anche alle gestioni precedenti spingendosi indietro fino al 2007, non oltre per via della prescrizione. A partire dal mese di novembre sono stati interrogati i dipendenti dei vari uffici, ora manca di chiudere il cerchio con il responsabile dell’Ufficio (fino a un anno fa) Goffredo Pazzaglia, il quale rischia l’iscrizione nel registro degli indagati.

L’INCHIESTA, dapprima condotta dal procuratore Manfredi Palumbo e ora in mano al sostituto Maria Letizia Fucci, è una sorta di approdo di un lungo percorso di accuse nei confronti dell’Ufficio caccia provinciale. Basti citare le ultime: le denunce contro le braccate al cinghiale (fuorilegge) all’interno di oasi e parchi, la dura intervista al nostro giornale del presidente Atc1 Callisto Cerisoli («Qui non si fa più gestione, si contano solo i voti»), il duello di fuoco Giannotti-Galuzzi su nomine, calendari, proroghe, fino all’ultimo consiglio monografico sulla caccia del 19 dicembre nel quale il Pdl ha incalzato («Chi sono gli indagati?») e pezzi di maggioranza (Rc, Idv, Psi) lo hanno spalleggiato. Basti citare una frase del consigliere Renzo Savelli (Rc), promotore di alcune interrogazioni: «La gestione degli ultimi anni? Innominabile».
 

MARCHE DA BOLLO. La Procura, mettendo a confronto i soldi prelevati direttamente da Pazzaglia all’Economato («cash») con quelli effettivamente usciti (apposizione delle marche su licenze e attestati) ha riscontrato ammanchi consistenti. E documentazione carente. La cifra prelevata, a seconda degli anni, va da 60.000 a 80.000 euro annui; i soldi effettivamente spesi non arrivano alla metà. Si ipotizzano ammanchi di circa 180.000 euro dal 2007 a oggi. Ma tale «modus operandi», per ammissione di alcuni dipendenti dell’Ufficio, risulta anche negli anni precedenti, almeno a partire dal 2001. In quegli anni è da registrare anche una denuncia di furto di marche da bollo all’interno dell’Ufficio caccia.

SU ALTRE questioni s’è concentrata l’attenzione di alcuni consiglieri, Savelli e Giannotti in particolare, attraverso numerose interrogazioni (16 in totale, cui se ne aggiunge una parlamentare dell’on. Ceroni). Vedi i conferimenti di selvaggina (e/o denaro equivalente) da parte delle Aziende faunistiche alla Provincia; anche qui la documentazione è a dir poco carente. La Provincia di Rimini ha chiesto più volte i dati sulle Aziende ora passate sotto la sua gestione, senza ottenerli. Il giro di soldi, per anni, ha riguardato anche il commercio di uccelli da richiamo, che fino a qualche tempo fa i cacciatori potevano comprare dalla Provincia: una volta quei soldi finivano direttamente nei conti correnti dell’ente, poi invece pagati brevi manu, grazie anche a una delibera apposita. Emblematica poi la parabola del centro allevamento delle selvaggina sul San Bartolo: prima fiore all’occhiello, ora in abbandono. Quanto alla caccia in braccata nelle oasi, estate e inverno, in aperto spregio alle leggi nazionali e senza il consenso dell’Ispra (l’Istituto superiore per l’ambiente), è unanimemente considerata l’ennesimo favore alla lobby dei cinghialai.

Del resto, le due giunte Ucchielli sono state sempre etichettate come «giunte dei cacciatori». Il do ut des con il mondo venatorio, secondo la tipica «pratica clientelare» denunciata apertamente nell’ultimo consiglio provinciale, appare di tutta evidenza. Non è un mistero che Pazzaglia facesse campagna elettorale per conto di Ucchielli, cui rispondeva direttamente.
In questo contesto si inserisce anche la gestione complessiva dell’Ufficio. Ucchielli ha sempre mantenuto la delega alla caccia e ha tenuto sotto di sé le guardie venatorie. Che avevano disposizioni precise: non rompere le scatole ai cacciatori. Ne fa fede l’esiguo numero di verbali redatti.

NEL CORSO degli anni, l’Ufficio caccia è divenuto una piccola repubblica a sé. Basti dire dell’Ufficio ambiente marginalizzato, e della gestione della fauna (udite udite) passata sotto l’Urbanistica.
Goffredo Pazzaglia è in pensione da un anno. Ma la linea di continuità è rappresentata dal successore Massimo Pensalfini, uomo di Ucchielli, dirigente dell’Ufficio caccia nonché sindaco di Colbordolo. Finito nel mirino, oltreché per il doppio ruolo, per il bando di assegnazione dell’incarico: «concorso ad hoc, e già si sapeva chi era il vincitore», ha tuonato Giannotti in consiglio provinciale. In quell’occasione, l’assessore provinciale Massimo Galuzzi ha espresso «piena fiducia nell’indagine della magistratura. E non mi risulta che ci sia alcun inquisito». Tra breve, probabilmente, ci sarà.