Pesaro, 6 marzo 2012 - I «MANICHINI di Nani» viaggiano con le gambe loro. Vanno lontano, chiedono di riflettere qualche minuto e poi — forse — sorridere. Niente di più, non c’è la pretesa di cambiare le cose, ma semmai di cambiare appena un po’ ognuno di noi. Il conte Alessandro Marcucci Pinoli di Valfesina («Nani» per gli amici, e sono tantissimi) è entusiasta delle sue installazioni che ora sono esposte a Roma, Milano, Firenze (anche alla Biennale alla Fortezza da Basso), Bologna, ma anche ad Abu Dabi, Parigi, entro breve a Stoccolma e New York. «Questa volta devo averci preso», dice commentando il fatto che da decenni passa da una forma espressiva all’altra, un po’ senza requie e con una produzione anche di poesie molto intensa. Di recente l’artista Jef Safi ha fotografato i suoi manichini esposti a Pesaro, in viale Trieste e da quelle immagini ha ricavato alcuni dipinti.
«Le storie di ognuno di noi partono da lontano, io i manichini li faccio dagli anni Ottanta. Una volta non avevano la testa perché sentivo il disagio dell’uomo globale».

Lei è al di sopra dei manichini?
«Ho capito che sono io il capo dei manichini».

Come l’ha capito?
«Sono il capo dei manichini per riaffermare la mia autoironia. Non voglio prendere in giro il prossimo per una questione di educazione, né i difetti del prossimo. I nostri mostri sono raccontati ed esorcizzati dai manichini colorati, con gli occhi luminosi in corpi di fuoco».

I manichini sono le lettere del suo alfabeto?
«Sono il mio stilema. Li ho messi dentro una gabbia dalla quale non riescono più ad uscire, prigionieri dei pregiudizi. Poi li ho fatti anche neri, bianchi, gialli e rossi come i colori della pelle degli uomini. E quindi legati ad un palo, per ricordarci che siamo sempre ancorati a qualcosa».

Non è che i suoi manichini passano per burattini...
«Beh, non è una cosa nuova pensare che siamo un po’ tutti burattini in mano a qualcuno che decide i destini delle banche, delle nazioni, della politica».

L’arte contemporanea non sempre ha un fine ultimo. Lei lo ha?
«Voglio fare riflettere, ma ora sono impegnato in una campagna per promuovere l’educazione, che per me è la base di tutto. Se uno è educato non fa il ladro, non ruba nella vita pubblica, non ammazza e così via.

L’“Educazione” con la “e” maiuscola non è il bon-ton. Mi riferisco alla sostanza ed all’idea di essere educati. Sant’Agostino riteneva che il mondo sarebbe diventato migliore se lui stesso fosse migliorato. Credo che estirperemo la mafia se le madri spiegheranno ai figli che non bisogna vendicarsi. Voglio promuovere corsi di educazione tenuti da testimonial affermati e già faccio gli sconti — anche enormi — nei miei hotel alle persone gentili ed educate. Insomma, voglio migliorare l’umanità. Anche di poco».

di Giovanni Lani