Borgo Massano (Pesaro e Urbino), 26 giugno 2014 - In giro per l'Italia li riconoscono dall'elmo di Montefortino. Loro sono i galli senoni (foto), una tribù celtica di guerrieri mercenari vissuti in un territorio a cavallo tra Marche e Romagna «meglio noto come l'ager gallicus tra il quarto e il terzo secolo avanti Cristo» spiega Daniele Giannotti, tra i fondatori, del gruppo storico pesarese Teuta Senones Pisaurenses. La lunga carrellata di immagini, fatta in occasione della ricostruzione fedele di un villaggio celtico del quarto secolo avanti Cristo nell'area verde dell'Abbadia di Borgo Massano, racconta la cura estrema con cui opera quest'associazione culturale, fondata nel 2007, da mezza dozzina di giovani appassionati di storia antica.

«Lo scopo - continua Giannotti - è quello di diffondere e riscoprire una cultura, quella celtica, che ha abitato i nostri territori e di cui si ha ampia documentazione grazie ai reperti della necropoli di Montefortino D'Arcevia e agli studi elaborati a fine '800 dall'archeologo Edoardo Brizio».

Il gusto invece è anche quello di vivere un'esperienza "straordinaria" all'aria aperta, in compagnia di persone con gli stessi interessi culturali, evocando suggestive immagini di un passato lontano nei fatti, ma rintracciabile nei musei locali quale testimonianza di una radice comune.

Partendo dagli oggetti d'uso come lo skyphos, «o recipiente per bere, tipico delle nostre zone - osserva Giannotti - di cui il museo di Piobbico conserva quattro esemplari. Per farne una copia da esibire durante le rievocazioni, nell'ambito dell'accampamento gallico che noi allestiamo per illustrare scene di vita quotidiana, abbiamo chiesto ad un artigiano di rifarlo. Invece il rasoio che usiamo è ispirato al reperto custodito almuseo Oliveriano».

Perché ispirato?

«Anche se è credibile che i celti usassero rasoi, quello che abbiamo riprodotto è datato cinque secoli prima. Una specifica che non dimentichiamo mai di fare quando raccontiamo al pubblico la storia degli oggetti e delle consuetudini portate in scena. Usiamo il rasoio, per esempio, per smentire il luogo comune secondo il quale i celti non fossero dediti alla pulizia».

Lo erano?

«Sì, facevano largo uso del sapone». Non teme ridimensionamenti invece il gusto smodato dei celti per il vino: «Addirittura combattevano ubriachi» conferma Giannotti. Nella ricostruzione di usi e costumi i Teuta hanno stilato una possibile lista della spesa: «oltre al vino che usavano come bevanda raffinata - continua Giannotti - amavano l' idromele e un fermentato di farro, latte e bacche di sorbo. In particolare dalla popolazioni italiche appresero la miscelazione acqua vino».

I vestiti erano in fibra naturale: «gli indumenti che indossiamo quando non siamo in battaglia richiamano il Tartan. Le tuniche femminili non erano tagliate, per evitare sprechi, ma solo modulate in drappeggi fermati con fifule e spilloni, ma la scena che più meraviglia è l'accensione del fuoco per lo spiedo».

In questo Giannotti è specializzato: «Ognuno di noi, siamo un gruppo di sedici persone, ha personaggi e competenze diverse. Io sono il Rix, il capo e accendere il fuoco è la mia mansione. I bambini rimangono esterrefatti quando dal niente sfregando le pietre nasce la fiamma». Il segreto, per una presa immediata, è data dal fungo spolpato ed essiccato che Rix usa come una diavolina antelitteram. Anche se il meglio della ricostruzione messa in atto dai Teuta è tutta la parte riguardante il combattimento: tutto l'armamentario prende spunto dai reperti della necropoli d'Arcevia, mala spregiudicatezza in battaglia, è roba da «Tumultus gallico». Provare per credere. Dove? «Alla prossima edizione de I fuochi di Taranis, a Monterenzio (Bo) dal 27 al 29 giugno».

Solidea Vitali Rosati