Addio a Dante Cecchini, il preside innovatore dell’Agrario “Cecchi”

Folla al funerale. I colleghi esprimono il cordoglio del mondo della scuola

Dante Cecchini in una foto alla festa di Villa Caprile

Dante Cecchini in una foto alla festa di Villa Caprile

Pesaro, 15 febbraio 2017 - «A come agricoltura». La prima lettera dell’alfabero coincide con quella che forse è stata la più grande passione di Dante Cecchini, già preside dell’Agrario Cecchi, consigliere comunale a Mombaroccio, presidente dell’Aias (associazione italiana assistenza spastici), membro dell’Accademia Agraria di Pesaro, morto a 67 anni, per malattia.

«B come burbero, benevolo». Sono le due facce di una stessa medaglia: il carattere di un grande uomo che «se gli giravano un po’ era meglio girare al largo perché era anche un uomo grande», ma che se voleva «sapeva ascoltare e capire gli altri come nessun altro».

Così con l’escamotage semiserio delle lettere dell’alfabeto ieri, martedì 14 febbraio, giorno del funerale di Dante Cecchini a Pesaro, in una chiesa di Loreto piena di persone di tutte le età – amici, studenti, colleghi, amministratori, operatori sociali – l’Agrario Cecchi ha salutato il preside innovatore.

«Non è stato sempre compreso in questo suo sentire – hanno scritto i colleghi e gli amici dell’Agrario con un messaggio letto dall’istitutore Francesco Corlianò –. Specie quando ha ideato esperienze di stage, reti tra scuole e convitti nazionali ed esteri, proposte che unificavano la dimensione culturale a quella di settore.

Tra le sue innovazioni l’Agrishow, l’Associazione degli ex allievi, la Festa degli alberi, sorta di open day ante litteram.

Infatti se ciò che impediva la loro realizzazione erano pastoie burocratiche, lui non aveva timore di buttare il cuore oltre l’ostacolo, nella certezza che ogni apertura al nuovo fosse per il bene degli studenti e della scuola. Questo atteggiamento a volte – continua il messaggio – gli veniva rimproverato e accanto a quelli che condividevano e collaboravano alla realizzazione, vi era anche chi non era d’accordo. C’era anche chi, in queste situazioni, ha cercato di trovare il modo di accettare e non serbare rancore.

Se l’Istituto Cecchi oggi ha il riconoscimento che riscontriamo nel numero di iscritti in aumento e nella quantità di iniziative finanziate anche da soggetti esterni, siamo consapevoli che questo sia anche frutto di quanto seminato dal preside Cecchini».

L’idea dell’alfabeto è venuta perché, in definitiva, «Dante era abbastanza allegro – ha ricordato proprio Corlianò –. In fin dei conti, diceva, il funerale è un arrivederci».

Insomma con lui da ridere ci scappava. «Vero – osserva il collega, presidente regionale dell’Associazione nazionale presidi Anp, Riccardo Rossini – Lo ricordo come un uomo buono, gioviale ed un preside appassionato del suo lavoro che ha svolto con dedizione e amore per i suoi alunni».

L’alfabeto è continuato con «C, come Caprile e convittore». Ovvio. «In questa scuola – osserva la preside dell’Agrario Donatella Giuliani – Dante c’è arrivato che aveva 14 anni, da studente, ospite del Convitto, essendo lui di Mombaroccio. E a parte i periodi fuori si può dire che ha forgiato vent’anni di Cecchi, fondandone il professionale, un’eredità importantissima».

Cecchini infatti è diventato di ruolo nel 1975, ha insegnato chimica fino al 1988, è diventato preside all’agrario “Mendel” di Milano e poi dell’Istituto tecnico Agrario “ Scarabelli” di Imola fino al 98.

E proprio da Imola al suo funerale è arrivata una delegazione di nove docenti che della scuola hanno portato il gonfalone segnato a lutto.

L’alfabeto è proseguito. «D come docente di materia, ma anche e sopratutto maestro di vita». «E come entusiasmo che metteva letteralmente dappertutto». «F come fede perché Dante non ne ha mai fatto mistero». «G di gioia e generosità». «H simbolo dell’idrogeno, perché la chimica è sempre stata la sua materia».

Ma è con «I come impegno» che è emerso il passo dell’educatore, inclusivo con i suoi studenti, che ha sempre conosciuto uno per uno, nome, cognome e storia. «Non è tanto il talento che conta, quanto l’impegno» diceva sempre. «M come Mombaroccio e mare». «N come nodi che sapeva sciogliere». O di Oratore «perché – ha osservato Coglianò – è vero che anche di cose che sapeva superficialmente riusciva a mostrare il lato migliore».

Poi «P di passione», «Q di quercia», «R di risata, più simile a quella di Babbo Natale»; «S di studenti», «T di teatro di cui era appassionato fino a salvaguardare fino all’ultimo il teatro ligneo che il Rof ci lasciò in eredità dopo la rappresentazione che fece a Caprile». «U di unico»; «V di volontariato e infine Z di Zibaldone perché lui fino alla fine è sempre stato un un fermento di idee, proposte, pensieri, riflessioni e fatti». Insomma «Dante è stato una grande persona – ha concluso la Giuliani – tutta la scuola esprime un profondo cordoglio alla moglie Caterina e ai due figli, di cui Dante era orgogliosissimo: Davide e Lorenzo».

Solidea Vitali Rosati