Alberto, che parla con gli astronauti ‘sbarcati’ su Marte

Insieme alla sua compagna dialoga con la missione Nasa sul vulcano Mauna Loa, alle Hawaii

Nasa, astronauti in missione

Nasa, astronauti in missione

Pesaro, 22 agosto 2016 - Un'idea d’un altro pianeta. Dialogare con il cielo. Parlare con le stelle. Fare quattro chiacchiere con Marte. Con la sua simulazione. E con i “marziani”. Alberto Giuliani è come lo ieratico Gene Kranz delle imprese spaziali a stelle e strisce. Ma invece di sedere alla consolle del Mission control, è spalmato sul sofà di casa. E, con Francesca Es, la sua compagna, pigia sul mouse e si sintonizza sulle frequenze della Nasa.

Giuliani, fotoreporter pesarese, Willy Fog della tastiera e dell’obiettivo, è tra i pochi privilegiati del globo ad essere collegato con la missione Nasa dei sei astronauti (tutti giovanissimi) che simula la spedizione su Marte. L’equipe di ragazzi, tutti superlaureati e iperscienziati, non è ancora su un altro pianeta, ma (quasi) in un altro mondo: il vulcano Mauna Loa, Hawaii. I sei “marziani” vivono a oltre duemila metri di quota. Non vedono neanche l’ombra della civiltà e cercano di costruirne una daccapo. Lassù, il mare e il profumo di vita sono un ricordo e una telefonata (via web, ovviamente) può davvero allungare la vita.

Alberto e Francesca digitano, filmano, scattano e regalano cartoline di condivisione agli amici scienziati. Un po’ come il mitico Aladar del cartoon della famiglia Mezil, che parlava con strani pianeti dal suo laboratorio domestico.

L’équipe della Nasa vive sotto una cupola di tecnologia che somiglia a certi bivacchi d’alta montagna. Un modulo abitativo dove si studia la vita su un altro mondo. Dove si prova a ricrearla. Anche dal nulla. Perché gli eroi moderni sono così. Dei Robinson Crusoe su isole deserte di vita, ma affollate di hi-tech, di ricerca, di formidabili meccanismi. Alberto ha già scritto un articolo su Vanity Fair, che ha narrato l’impresa dei magnifici sei della Nasa e del dialogo con loro.

Con gli amici “marziani” Alberto e Francesca comunicano in inglese: raccontano di Pesaro, del suo mare, della falesia dell’Ardizio, dei bagliori del tramonto e anche di quella dolce vita che può far bene anche ad un astronauta che vive sul Mauna Loa. «Io e Francesca – spiega Alberto – siamo come Adamo ed Eva, davanti a un mondo nuovo. E questi ragazzi ci mostrano i risultati dei loro studi, i loro strumenti e anche come passano il tempo lontani da ciò che è vita». Ma Alberto e Francesca non sono chissà quanti anni luce lontani dai pesaresi. E, racconta Alberto, «abbiamo un indirizzo Facebook e Instagram: moonspectator». Cliccare per credere. Alberto, più avanti, andrà a toccare con mano la missione della Nasa. Incontrerà i ragazzi del modulo abitativo, le loro tute, i loro caschi. Decollerà la curiosità. Quella di un pesarese che racconta lo spazio per cercarne ancora. E sempre più vivibile e fruibile. Il target dell’astronautica classica era, in fondo, anche questo: toccare con mano oltre la barriera del tangibile.

Ora il digitale è come un Saturno lanciato nello spazio. Un vulcano diventa il termine di paragone con Marte, il dialogo on-line una centrale spaziale. «Al momento – sorride Giuliani, esploratore della notizia – è solo un viaggio virtuale, poi ci sarà l’incontro sul vulcano. Dal vivo». Un vulcano con una eruzione di idee, sperimentazioni, soluzioni. Prima della spedizione dei sogni: quella sul pianeta rosso. Ora bisogna solo accontentarsi. Anche tra tutte quelle pietre del Mauna Loa, può esserci incanto. Magari sentendosi un John Glenn, al centro dell’universo. E, con Alberto, Francesca e il loro Moonspectator, ciascuno può sognare. Parlare con il cielo. Perché l’infinito non è soltanto una poesia.