Bambino morto per otite, omeopata al lavoro. Chiama i clienti con il nuovo telefono

La Procura sviscera il cellulare del medico indagato insieme ai genitori del piccolo Francesco, morto a 7 anni

Bambino morto per otite, omeopata al lavoro. Chiama i clienti con il nuovo telefono (Dire)

Bambino morto per otite, omeopata al lavoro. Chiama i clienti con il nuovo telefono (Dire)

Cagli (Pesaro-Urbino), 31 maggio 2017 - Lo stop è durato tre giorni. Da ieri, il dottor Massimiliano Mecozzi è tornato al lavoro. Cura, prescrive, visita. Per far sapere di essere di nuovo operativo, ha inviato 3000 messaggi su WhatsApp ai suoi pazienti avvertendoli di avere un nuovo numero e cellulare. E noi lo abbiamo chiamato. Pronto dottor Mecozzi? «Sì, prego, buon giorno». Ma lei è di nuovo al lavoro? «Certo, di cosa ha bisogno?» Di farle alcune domande. «Ah, lei non è un paziente. E allora non posso rispondere mi dispiace. Ordine del mio avvocato. Clic». 

Già, i suoi pazienti lo reclamano a gran voce. Uno fra tanti, un 23enne di Acqualagna. Ci ha chiamato insieme alla madre: «Io non credo per niente alle accuse contro il dottor Mecozzi. Lui mi ha guarito, gli altri no. Avevo attacchi di panico e sono passati. Il medico di famiglia lo conosco ma non ci vado da non so quanti anni». La madre: «Soffrivo di asma. Non camminavo più. Adesso mi muovo e vado dove mi pare. Poi ognuno è libero di andare da altri medici».

Spunta un caso simile ma con esito diverso per fortuna a quello del piccolo Francesco Bonifazi di Cagli. Un bambino di cinque anni di Pesaro, punto in un piede da un’ape, viene curato dal dottor Mecozzi con i suoi preparati omeopatici. La madre si fida. Passano due giorni. L’infezione sale alla caviglia e al polpaccio. Al terzo sta gonfiando il ginocchio. La mamma è disperata. Mecozzi le dice che presto guarisce e di non andare al pronto soccorso. Al quarto giorno, la madre porta il bimbo in ospedale al San Salvatore di Pesaro e i medici si accorgono che il bimbo rischia l’amputazione altrimenti la gamba va in cancrena. Sottoposto a terapia cortisonica e antibatterica, il bimbo dopo una settimana è salvo. I medici valutano se denunciare la mamma e il medico per omissione di soccorso. Poi soprassiedono. Ma la donna, tornata da Mecozzi, si sente rimprovare di essere andata al pronto soccorso e le dice che potrà ripresentarsi in ambulatorio solo dopo sei mesi in modo che il bimbo sia purificato dal cortisone. Non è più andata da lui. 

Quindi è un metodo quello di Mecozzi: mai in ospedale mai antibiotici, con migliaia di pazienti a seguirlo. Il suo telefonino e il suo pc sono esaminati da ieri da un perito informatico. Il video che i genitori di Francesco gli avevano inviato nella notte per dimostrargli la gravità del bimbo, non compare più nel telefono del medico. È stato cancellato: «Solo perché era pesante nella memoria» ha precisato il legale. Ma il video è in mano alla famiglia che lo ha consegnato ai carabinieri. Oggi, alle 15, Cagli darà l’ultimo saluto a Francesco i cui organi hanno ridato vita ad almeno tre bimbi che rischiavano di morire.