Contrabbando di passeri, condannato a 6 anni in Venezuela

L'appello di Federici: "Qualcuno mi aiuti"

A sinistra, Luigi Federici

A sinistra, Luigi Federici

Pesaro, 5 dicembre 2016 - Il telefono fa due squilli. Sono le 10 dell'altro ieri mattina, le 5 a Caracas, Venezuela. Risponde all’apparecchio una voce italiana: «Pronto, sono Luigi». Non è un emigrante. E’ un detenuto. Si chiama Luigi Federici, 67 anni, pesarese, sposato, pensionato, nonno, appassionato allevatore di uccelli. E’ rinchiuso in un carcere venezuelano per contrabbando di passeri, razza Tangara. L’altro ieri è finito il processo a suo carico: è stato condannato a sei anni di carcere, a parer loro il minimo della pena. Sta scrivendo un libro per non impazzire. Ha già il titolo: «Vado e torno», ma quando lo dice al telefono comincia a piangere. A proposito: può fare e ricevere telefonate. E’ il distinguo tra un detenuto criminale e una persona sfortunata. 

Luigi era volato l’anno scorso in America latina dove ci sono milioni di esemplari di passeri Tangara, mentre in Europa non se ne trova nemmeno uno. Ha preso un taxi e si è inoltrato nelle campagne di Caracas, fermandosi a comprare 57 esemplari, tra cui molte coppie per la riproduzione e la vendita. Arrivato all’aeroporto per rientrare in Europa con un volo diretto Caracas-Madrid, lo hanno fermato e arrestato seduta stante accusandolo di associazione a delinquere, maltrattamenti di animali, tentato contrabbando di razze protette. Ha provato a spiegare di averli comprati in un negozietto ma non avendo la ricevuta non ha potuto dimostrarlo. Gli uccelli sono stati rimessi in libertà mentre Luigi è stato prima incatenato ad un termosifone dell’aeroporto rimanendoci due giorni e poi portato in carcere. Che non è proprio una classica struttura carceraria ma una caserma che ospita temporaneamente delle persone in attesa di giudizio o già condannati per reati non gravi. 

Al telefono Luigi non sa che parole trovare ma il concetto è chiaro: «Se non mi aiuta la politica – dice – io qui dentro ci rimango per sempre. Mi hanno condannato a sei anni di carcere peggio di un criminale che rapina le persone. Il Consolato mi ha aiutato molto e li ringrazio. Ora dobbiamo aspettare quindici giorni per le motivazioni della sentenza e poi vedremo cosa fare».   «Io intanto – dice Luigi – chiedo attraverso il Carlino che la politica, il sindaco Ricci, i deputati, il presidente Renzi di non abbandonarmi qui. Io sto pagando per la mia coerenza. Non ho accettato strane proposte che mi hanno fatto dei personaggi prima e durante il processo. Io non do soldi per tornare a casa. Riconosco il mio errore di aver acquistato questi uccellini in un negozio non regolare, ma non ho ammazzato nessuno. Neppure un uccellino. Qui gli omicidi sono all’ordine del giorno, sporcizia, criminalità ovunque, disoccupazione, il cibo è razionato, manca zucchero e caffè. Ci svegliano ogni mattina alle 2.30, doccia, poi colazione con un pezzo di pane. E poi seduto in una stanza. Dopo 15 mesi che sono chiuso qui dentro sto perdendo la speranza. Vi chiedo di aiutarmi, non ho altre parole da spendere. C’è anche il rischio che possano trasferirmi in un carcere più grande, dove può succedere di tutto. Ma ci sono anche piccole gioie. Durante il processo, un mio ex compagno di detenzione russo, che è tornato in libertà, mi ha portato in aula una zuppa di pesce. L’ho mangiata di gusto. La vita per qualche minuto mi è sembrata anche bella».