CronacaCoronavirus Pesaro oggi, il primario. "Troppi focolai, in autunno si rischia"

Coronavirus Pesaro oggi, il primario. "Troppi focolai, in autunno si rischia"

Intervista a Francesco Barchiesi, primario di Malattie Infettive a Marche Nord. Cinque i ricoverati nel suo reparto: "Dal punto di vista clinico zero differenze"

Francesco Barchiesi, primario del reparto di Malattie infettive

Francesco Barchiesi, primario del reparto di Malattie infettive

Pesaro, 3 agosto 2020 - C’è anche un 38enne di Montecopiolo tra i cinque ricoverati nel reparto di Malattie infettive di Marche Nord diretto dal dottor Francesco Barchiesi. Il più anziano, ha solo 67 anni. E’ appena rientrato dalla Rianimazione. "La differenza tra questi pazienti e quelli che ho visto passare in reparto durante la prima ondata? Dal punto di vista clinico nessuna", dice il dottor Barchiesi.

Leggi anche La situazione nelle Marche Dottor Barchiesi, quali sono le caratteristiche dei pazienti che sta seguendo? "Innanzi tutto sono piuttosto giovani di età: si va da 38 a 67 anni. Si sono contagiati in seguito a contatti per motivi di lavoro o ludici". Quali sono le loro condizioni cliniche, al momento? "Il 67enne era arrivato da noi con una insufficienza respiratoria grave: è stato ricoverato in Rianimazione ed è tornato. Ora sta bene, si è ripreso. Ha superato questi venti giorni difficili, ma contiamo di dimetterlo presto. Poi abbiamo una signora romena di 60 anni, anche lei giunta in reparto con una brutta insufficienza respiratoria: sarebbe finita in Rianimazione anche lei, se non avesse fortunatamente risolta la fase acuta dell’infezione dopo qualche giorno. Avrà una degenza più lunga ma è molto migliorata". C’è anche un 38enne... "Sì, un giovane che si è infettato durante la cena di Montecopiolo. Ha una polmonite non brutta, le sue condizioni sono tutto sommato stabili. Confidiamo che il decorso sia favorevole. Magari tre mesi fa avrebbe superato la polmonite a casa, mentre adesso abbiamo una soglia d’allarme diversa, i contesto è cambiato. Ha poco più di 40 anni anche una signora che è giunta da noi dopo 3 settimane in cui aveva avuto l’infezione. Siccome aveva anche problemi tiroidei l’abbiamo ricoverata". Ma qual è la differenza tra questi pazienti e quelli che ha visto durante la prima ondata? "Dal punto di vista clinico direi nessuna. I pazienti arrivano con febbre, addensamento polmonare, indici di flogosi aumentati... La differenza è più che altro nella gestione dei pazienti: durante la prima ondata ne arrivavano 10-15 al giorno. Con questi numeri, oggi, riusciamo a trattare i casi con maggiore tranquillità. Oltretutto abbiamo messo a punto un protocollo terapeutico efficace". E la carica virale? "Il virus è sempre lo stesso ma la quantità di virus in giro è inferiore. Durante la prima ondata potevo essere contagiato da un gran numero di persone infette: il virus girava, non si rispettavano le distanze, non si indossavano le mascherine... Ora l’esperienza passata ci ha insegnato qualcosa. Per cui cerchiamo sempre di ricordarci che mantenere le precauzioni è fondamentale". Lei pensa che ce ne stiamo dimenticando? "Mi sembra evidente anche da tutti i microfocolai che stanno emergendo non solo da noi, ma nel resto del Paese. Di questo passo quando arriverà l’autunno potremmo essere in difficoltà. Quando comincerà la stagione dell’influenza, ci potrà essere un’impennata di casi. E allora sarà difficile distinguere tra l’influenza normale e il Covid". Sarà importante la vaccinazione anti-influenzale. "Sì. Per quanto riguarda le fasce per le quali la vaccinazione è raccomandata siamo abbastanza coperti. Tra gli operatori invece quella percentuale è sempre troppo bassa. Forse verranno riviste le linee guida, per includere anche altre tipologie di pazienti".