Vallefoglia, donna rapinata in casa. "Con il coltello alla gola credevo di morire"

Terrore per una coppia di anziani aggredita da un rapinatore con accento dell'est

Sono intervenuti i carabinieri

Sono intervenuti i carabinieri

Vallefoglia (Pesaro Urbino), 11 ottobre 2017 - Terrore a Vallefoglia. Una coppia di anziani che abita nei pressi della chiesa di Morciola, in fondo alla Montelabbatese, è stata aggredita da un rapinatore, con accento dell’est. Erano le 13,30 e la coppia era in casa, quando il rapinatore di circa trent’anni ha approfittato della chiave nella toppa ed è entrato. Ha preso per il collo la signora di 67 anni minacciandola con un coltello alla gola e intimandole di aprire la cassaforte. Ne è nata una colluttazione, con la donna che, disperata, ha cominciato a chiamare aiuto, svegliando il marito che era andato a riposare dopo il pranzo.

Quando l’uomo è uscito dalla camera ha trovato la moglie ostaggio del rapinatore e a quel punto ha pensato a difenderla temendo il peggio e aggredendo il giovane che è stato buttato a terra con una spinta dal marito della signora. Un film del terrore, un gesto che ha provocato ancora di più la rabbia e la violenza del rapinatore che non si è affatto spaventato e ha afferrato al collo da donna tenendola con una mano vicino alla lama del suo coltello e chiendendo soldi e gioielli che però i due non avevano. Allora il rapinatore ha sfilato le due fedi nuziali e afferrato 100 euro, mentre il marito della signora ha scavalcato la finestra cercando di afferrare il forcone per difendersi dall’aggressione. Nel frattempo la figlia che abita al piano di sotto è salita e ha cercato di bloccare per un piede il giovane che è fuggito con il magro bottino, ma dopo avere seminato il panico in una tranquilla famiglia. Sulla rapina indagano i carabinieri, che hanno previsto posti di blocco.  

Una rapina che poteva finire in tragedia. Un film del terrore con la padrona di casa che è rimasta ostaggio di un rapinatore senza scrupoli e della sua lama affilata, puntata sul collo della donna. La quale ha ancora il cuore in gola, a poche ore dall’accaduto, e della quale omettiamo il nome. Signora cosa ricorda? «Ieri era il giorno del mio compleanno. Ero al telefono. Avevo appena riattaccato la chiamata. Mi sono girata verso il portone e ho visto una persona mascherata con la sciarpa tirata su nel viso fino al naso, un cappello, gli occhiali. Era completamente coperto, difficile da riconoscere. Quindi ha cominciato a gridare». Cosa gridava? «Una parola sola che ha ripetuto più volte. Diceva: cassaforte! cassaforte! Aveva in mano un coltello da macellaio, uno di quelli con la lama affilata che si usa al macello. Me l’ha puntato addosso. Voleva i soldi, i gioielli, ma noi non li avevamo». Ha reagito? «Non ho capito più nulla, avevo quel coltello puntato alla gola, ma ho cominciato a gridare comunque, perchè ero nel panico, mi sentivo morire. Mio marito era in camera e ha sentito. Stava riposando, ma si è svegliato per tutto quel trambusto e per le mie urla. Gridavo: aiuto! E’ qua dietro alla porta!». E suo marito? «Lui non ci ha pensato due volte e ha dato una spinta al rapinatore, facendolo cadere nel letto assieme a me». E’ riuscita a divincolarsi? «No, non solo non mi lasciava andare, ma ha cominciato a stringermi forte al collo con una mano, tenendo vicino al mio volto anche quel coltello e continuava a gridare che voleva la cassaforte. Pronunciava alcune parole: oro, soldi! Io ero esausta e mentre lui arraffava i soldi e le nostre fedi e un anello di mio marito, io continuavo a urlare come una pazza perché ero completamente nel panico». Qualcun altro l’ha sentita ed è intervenuto? «Sì, mia nuora che abita al piano di sotto della casa. Gridavo aiuto e la chiamavo. Lì ho pensato di morire. Il rapinatore infatti mi gridava di stare zitta che altrimenti mi avrebbe uccisa con quel coltello puntato alla gola. Io dicevo di chiamare i carabinieri che non ne potevo più ero allo stremo e anche mio marito che ha tentato di difenderci tutti». Come? «A un certo punto il rapinatore ci ha chiusi in camera tutti e due. Allora lui è saltato giù dalla finestra ed è andato a prendere il forcone con il quale avrebbe voluto cacciare quel rapinatore» A quel punto l’aggressore se n’è andato? «No, se n’è andato solo quando è arrivata mia nuora che nel frattempo stava salendo le scale per venire da noi. Lo ha fatto cadere con una spinta, ha tentato di afferrarlo a un piede, ma non ce l’ha fatta a trattenerlo e lui è scappato verso la palestra. Penso che ci fosse una macchina ad aspettarlo, con qualcuno dentro». E’ sicura che fosse straniero? «Sì, di carnagione bianca, penso fosse uno dell’est forse un albanese. Non parlava bene l’italiano, aveva un accento dell’est». Cosa le è rimasto di questa terribile disavventura? «La paura di morire anche se non è la prima volta che vengono da noi. A marzo scorso erano entrati al piano terra. A febbraio erano invece andati nella casa qui vicino. Io avevo installato l’allarme, ma di giorno non lo inserisco. Chi va a pensare che entrano anche dopo pranzo con noi in casa? Vorrei dire una cosa al sindaco». Cosa? «Devono mandare a casa certa gente, qui non si vive più». Davide Eusebi Solidea Vitali Rosati