Violenza sulle donne, Fatima e quel velo imposto. Botte se protesta

Le storie del Cav: parlano le vittime e le coordinatrici degli uffici di via Diaz

Violenza sulle donne, sempre più vittime

Violenza sulle donne, sempre più vittime

Pesaro, 26 gennaio 2017 - C’è Francesca che ne ha prese così tante da ritrovarsi col bacino fratturato. Un braccio rotto per Simona. Mentre a Giovanna è toccato il naso. Tutto perché la cena non era pronta, la casa era un po’ in disordine o mancava all’appello qualche scontrino della spesa. E c’è anche Fatima, che di quel velo sulla testa non ne vuole più sapere. Ma sono botte ogni volta che lo dice. Non risparmiano neppure Fido, il quattrozampe della casa, bastonato pure lui ma solo per ferire la padrona che lo ama.

I nomi sono pura invenzione, ma le violenze sono tutte vere. E sono solo alcune di quelle raccolte dalle operatrici del Cav, il centro antiviolenza di Pesaro «Parla con noi». Nella sede di via Diaz 10, i telefoni non smettono mai di squillare. Dall’altro capo del filo, c’è una donna che ha trovato la forza di chiedere aiuto. Contro quell’uomo-padrone, marito, fidanzato, padre che sia, che per anni l’ha costretta a subire maltrattamenti di ogni tipo. E sono sempre di più quelle che si rivolgono al centro. Ben 134 nel 2016 secondo i dati del Cav, contro le 117 del 2015 e le 116 del 2014. Con un trend in costante crescita. Un fenomeno che non si riesce ad arginare. Alla base del quale, ci sono problemi di carattere sociale e culturale, difficili da estirpare. Come dimostra, purtroppo, anche il rapporto tra ragazzi e ragazze di oggi.

«Non siamo in grado di dire se sono aumentate le violenze. Di sicuro sono aumentate le donne che chiedono aiuto», spiegano la responsabile del Cav, Graziella Bertuccioli e Gabriela Guerra, coordinatrice del centro di via Diaz. «Di solito ci sono periodi di flessione fisiologica delle chiamate – riprende Guerra – Ora non è più così. Nelle prime due settimane di gennaio sono state già 14 le richieste di aiuto». Ma quando una donna arriva ad alzare il telefono? «Possiamo dire in tre casi: quando qualcuno che le è vicino ha capito il suo problema. Può essere un’amica, una collega. Quella che un giorno va oltre al semplice ‘come stai’. Poi quando la violenza si abbatte sui figli e infine quando viene anche tradita».

E la radice della violenza, è nella società. «La nostra società è ancora maschio-centrica. La violenza nasce per via di questo squilibrio sociale in cui l’uomo non accetta l’indipendenza della donna», affermano. Squilibrio che si ritrova anche nelle generazioni di oggi. «Negli incontri nelle scuole – racconta Guerra – sento ragazzi e ragazze d’accordo nel dire che se il maschio guarda il cellulare della femmina va bene, ma non il contrario. E le ragazze hanno detto che quell’interessamento è prova d’amore». «E comunque – chiude Guerra – non c’è incontro a scuola in cui una ragazza almeno non ci ferma per rivelarci di aver subìto violenza».