Sgozzato nel bosco, torchiata la ragazza dell’albanese

Delitto di Ismaele Lulli, Ambera risentita in Procura. La pista: i due fermati avevano complici FOTO L'arma del delitto - Il funerale - La fiaccolata - Il luogo dell'orrore - I due fermati VIDEO L'ultimo saluto

Ismaele Lulli

Ismaele Lulli

Lunano (Pesaro e Urbino), 28 luglio 2015 -  Se n'era andata. Ma per poco. Ha capito che non è il caso di sparire. Ambera Saliji, la ragazza macedone di 19 anni di Igli Meta, il giovane albanese reo confesso di aver sgozzato il diciassettenne Ismaele Lulli, suo presunto rivale, è stata convocata d’urgenza ieri pomeriggio in procura a Urbino. È ancora testimone ma deve essere credibile per rimanere con quel vestito addosso. E soprattutto non deve allontanarsi troppo da Lunano, dove abita con la famiglia, anche se nessuna legge la limita in questo visto che non è indagata. 

Gli inquirenti, il pm Irene Lilliu in collaborazione con i carabinieri del nucleo investigativo di Pesaro, sanno che la giovane donna ha avuto un ruolo (inconsapevole fino a prova contraria) nell’attrarre Ismaele nella trappola. Dal cellulare della ragazza è partito un sms domenica 19 luglio verso Ismaele, con l’invito a vedersi nel primo pomeriggio nella piazza delle corriere di Sant’Angelo in Vado. A inviarlo, secondo la giovane, era stato Igli perché sapeva bene che Ismaele avrebbe accettato: tra i due c’era stata più di una simpatia, tanto che qualche amico in comune aveva riferito la cosa a Igli. Il quale ha chiesto aiuto ad amici (quanti non si sa) per realizzare la trappola. Da solo non sarebbe riuscito a fare nulla. Troppo piccolo per Ismaele, che superava il metro e 80, e pochissima confidenza tra i due perché il 17enne accettasse di fare un giro in macchina in compagnia del 20enne, che sapeva bene essere il fidanzato di Ambera.    L’ipotesi d’indagine, in attesa delle risposte del Ris, è che Ismaele sia stato caricato in auto a forza da più persone, forse quattro, tramortito subito in macchina e, una volta arrivati in cima al colle di San Martino in Selvanera, semincoscente, fatto sedere con la schiena alla croce (se fosse stato vigile e cosciente sarebbe rimasto in piedi anche solo per difendersi meglio, essendo molto più alto dei due albanesi fermati). Quindi, legato con dello scotch più per non farlo cadere in avanti che per immobilizzarlo. A quel punto, Igli Meta e Marjo Mema avrebbero inscenato il ‘processo’ per punirlo di una simpatia o di qualcosa di più che Ismaele nutriva per Ambera

Poi con la ‘confessione’ di Ismaele è scattata la vendetta: Igli chiede a Marjo cosa fare e questi risponde (stando alla confessione dell’omicida depositata agli atti) «Se vuoi, ammazzalo». L’invito è raccolto subito da Igli, che sferra due fendenti al collo del giovane a mo’ di punteruolo, per poi tagliargli il collo da destra a sinistra e viceversa. Capiscono di averlo ferito a morte e Igli dice nella confessione: «Per non farlo soffrire perché respirava male, l’ho preso per la fronte mandandogli la testa all’indietro e così è morto subito». Quello che ha fatto, Igli lo ha scritto nella lettera con la richiesta di perdono alla famiglia di Ismaele: «Spero che questa cosa che ho fatto a Ismaele mi venga fatta pagare nel peggiore dei modi che esistano».   Su quella lettera di scuse, gli inquirenti concentrano gli sforzi investigativi. Igli scrive rivolgendosi ai genitori di Ismaele: «Sono uno dei ragazzi che ha portato la morte al vostro carissimo figlio...». Quel «sono uno dei ragazzi» certifica che almeno l’agguato è stato pensato e realizzato in più persone. Ancora da trovare. 

A Sant’Angelo in Vado non ci sono telecamere e dunque mancano elementi certi sul passaggio della Opel grigia di Igli. Che nessuno in paese ha visto. La scelta poi di andare proprio davanti a quella chiesetta, il 20enne albanese l’ha spiegata in questo modo agli inquirenti: «Conoscevo il posto perché ci andavo per appartarmi con la mia ragazza. Ci vanno tutti a Sant’Angelo». Possibile, si chiedono gli inquirenti, che quella domenica pomeriggio nessuno abbia incrociato l’Opel con Ismaele a bordo che, come un condannato a morte, veniva portato al patibolo?