Sul trenino della memoria. Viaggio tra luoghi e affetti con Loredana Lipperini

Attraversando la Val di Chienti. Un libro dedicato all’identità delle Marche di confine

Loredana Lipperini e nello sfondo i piloni della "Quadrilatero"

Loredana Lipperini e nello sfondo i piloni della "Quadrilatero"

Pesaro, 17 dicembre 2014 - Si chiama Questo trenino a molla che si chiama cuore (editori Laterza), una citazione da Pessoa, il nuovo libro di Loredana Lipperini, saggista e inconfondibile voce di Fahrenheit, la trasmissione più celebre di RadioTre. Lipperini è marchigiana e con il suo trenino ha deciso di attraversare la sua terra: la Val di Chienti.

Chi c’è nei vagoni?

«Ho caricato tanta gente. Viva ma anche fantasmi. Mi sono adeguata alla struttura della collana (Contromano) dedicata all’entità dei luoghi. E così ho scritto del cambiamento, dell’esserci e non esserci: di luoghi che sono ma che non lo saranno più».

Cos’è la Val di Chienti?

«E’ il luogo che sento casa, che ho scelto come posto dove vivere ma anche un luogo che sta cambiando e che potrebbe non essere più lo stesso».

La Val di Chienti, luogo di confine tra Marche e Umbria, sta vivendo un momento molto delicato. Dopo la ricostruzione del terremoto (1997) le ruspe sono tornate, questa volta per realizzare i viadotti e i piloni della Quadrilatero che modificheranno per sempre (e più del sisma) questa valle. Lipperini lancia un disperato appello contro questa eventualità.

Vestiamo i panni dell’avvocato radicale Peppino Ramadori (citato nel libro) e le chiediamo: chi, come lei, abita lontano quando torna vorrebbe vedere il paese come lo ha lasciato, ma non pensa ai disagi di chi in quel paese ci vive tutto l’anno?

«La domanda è legittima ma ho la risposta. Anzi due. Prima di tutto si poteva fare in un altro modo: l’impatto ambientale riguarda l’intero territorio, non il singolo comune. Così si ferisce profondamente il territorio. Il secondo punto riguarda la nostalgia: oggi forse è più ‘nostalgico’ pensare alla strada veloce per arrivare al mare. Lo provano i disastri di questi ultimi mesi e della Liguria in particolare. Lo affermano persone come Montanari e Settis. Oggi, anche dal punto di vista economico, il valore da difendere e in grado di produrre reddito è il territorio. Le grandi opere fanno arricchire solo le imprese e non i cittadini. E penso alle contraddizioni della Quadrilatero: società pubblica gestita dai privati. Per le Marche si è voluto puntare sulla percorribilità stradale lasciando indietro quella ferroviaria con i disagi che ne sono seguiti».

Cosa c’è al termine di questo viaggio durante il quale ha incontrato il passato, quello dei miti ma anche quello personale fatto di affetti e di assenze, comprese le perdite del suo eteronino Lara Manni e quella dolorosa di Chiara Palazzolo?

«C’è tutto questo insieme. E’ stato un viaggio nella memoria delle persone che si sono amate. Raccontare (e scrivere) è vincere la morte e sapere andare avanti. Io spero che le Marche non si fermino: i luoghi sono fatti di persone. Il libro si rivolge anche (e soprattutto) a chi non conosce questa regione ed è un invito a visitarla. Per quanto mi riguarda spero ancora di ritornare in questi territori ma seguendo la strada che preferisco e non quella scelta da altri».