Lucia Annibali, 20 anni a Varani. Cassazione conferma pena, foto

Avvocatessa aggredita con l'acido: il verdetto della Suprema Corte, che ribadisce la sentenza d'Appello. La vittima: "Ringrazio il tribunale di Pesaro" VIDEO L'arrivo di Lucia in Cassazione FOTO Il giorno del verdetto

Lucia Annibali fuori dalla Cassazione (LaPresse) e Luca Varani (Foto Ansa)

Lucia Annibali fuori dalla Cassazione (LaPresse) e Luca Varani (Foto Ansa)

Roma, 10 maggio 2016 - Luca Varani condannato a 20 anni di carcere. Questa la decisione della Corte di Cassazione, che ha confermato la sentenza d'Appello al termine del processo per l'agguato con l'acido subìto da Lucia Annibali (foto).

Confermate anche le condanne a 12 anni per Altistin Precetaj e Rubin Talaban, i due albanesi che secondo l'accusa erano stati assoldati da Varani per colpire la donna con cui aveva una relazione sentimentale.

"Sono emozionata, è andata bene, ci sono state tante persone vicine a me. Voglio ringraziarle. Grazie al tribunale di Pesaro, agli inquirenti e ai carabinieri, a cui dedico la sentenza". Con queste parole Lucia Annibali ha commentato il verdetto della Suprema Corte.

"Mi sento di lanciare un pensiero - ha aggiunto - ai ragazzi di Milano sfregiati dall'acido, a cui sono vicina". "Si apre una pagina nuova della mia vita, un nuovo inizio. Ho vissuto tre anni nell'attesa. Spero di vivere appieno quello che verrà", ha concluso.

Era l’ultima chance per l’imputato, ex avvocato, 39 anni, di Pesaro, di vedersi annullare la pena di 20 anni di reclusione inflitta sia in primo che in secondo grado come mandante per motivi di gelosia.

Lei non ne voleva più sapere dopo anni di relazione semiclandestina. L’agguato è avvenuto alle 21.30 del 16 aprile 2013, in via Rossi 19 a Pesaro, sull’uscio di casa di Lucia. La quale aveva appena infilato la chiave nella serratura dopo aver messo a terra il suo borsone della piscina, con l’idea di farsi una doccia e di prepararsi qualcosa di rapido da mangiare.

Pensieri che si sono interrotti mentre girava la chiave. Lucia che chiudeva sempre a due mandate, stava aprendo la sua porta girando la chiave per la terza volta. Si è chiesta perché. Nemmeno il tempo di accendere la luce, e si è vista lanciare addosso da un uomo nascosto in casa un liquido che bruciava

Finita a terra, nel pianerottolo, urlando di dolore mentre il sicario fuggiva via, Lucia ha urlato ai primi soccorritori il nome del responsabile: "E’ stato Luca Varani, è stato Varani, Varani". Che in quel momento stava giocando a calcio nella squadra amatoriale allenata da un carabiniere.

Insomma, aveva un alibi a prova di bomba ma con un difetto: su di lui si erano accentrati da giorni i sospetti dei carabinieri dopo l’arrivo di una lettera anonima che indicava un avvocato pesarese in Porsche mandante del lancio di acido in faccia alla sua ex donna. Dopo aver controllato anche altri legali con quella macchina, da qualche giorno l’attenzione dei militari era rivolta a Varani, visto dai carabinieri con una bruciatura o ustione da acido ad una mano.

La mattina stessa del 16 aprile, la Procura aveva autorizzato l’acquisizione dei tabulati di Varani con la sua iscrizione nel registrato degli indagati quale sospetto mandante di un atto intimidatorio. Che ancora non si sapeva. La sera stessa, alle 21.30, c’è stato il lancio dell’acido.

Per questo, i carabinieri guidati dal colonnello Donnarumma andarono a casa di Varani a colpo sicuro arrestandolo per lesioni gravissime. Solo giorni dopo si scoprì la presenza in via Rossi dei due sicari albanesi pochi minuti prima dell’agguato: Rubin Talaban e Altistin Precetaj, che camminavano intorno alle 20.30 sotto le finestre della casa di Lucia. I sicari hanno sempre negato responsabilità dicendo che quella sera erano lì per bere un caffè.

Ora la Giustizia ha scritto la parola fine.