Cresce la protesta per la difesa del Pozzo Burano. Già raccolte tremila firme

I paladini dell’acqua si sono dati appuntamento per contestare il Piano degli Acquedotti regionale VIDEO La manifestazione

Cagli (Pesaro e Urbino), la manifestazione per la difesa di Pozzo Burano

Cagli (Pesaro e Urbino), la manifestazione per la difesa di Pozzo Burano

Cagli (Pesaro e Urbino), 28 luglio 2014 - Acqua, un bene prezioso da difendere sempre e ovunque. Ieri al Pozzo Burano (video) i paladini dell’acqua si sono dati appuntamento per difendere il pozzo dal Piano degli Acquedotti regionale contestatissimo da più parti. La protesta era organizzata dalle associazioni Go Giovani Oggi, Pro Nerone, Lupus in Fabula, Progetto Acqua, Coordinamento Provinciale Acqua Bene Comune e poi numerosi volontari delle Valli Bosso e Burano. Tutti rivendicano un diritto alla partecipazione ed a dire quale deve essere il destino del pozzo, senza che si stabilisca dagli uffici anconetani.

Nel pomeriggio erano presenti anche il consigliere regionale Gino Traversini, il sindaco di Cagli Alberto Alessandri e Tonino Mattiacci del Coordinamento dei sindaci del Catria e Nerone. Vari sono stati gli interventi di rappresentanti dei Comitati e di alcuni cittadini ed è proseguita anche la raccolta di firme del Comitato per la difesa delle Acque del Catria e del Nerone con numerose adesioni. Sono oltre 3.000 i cittadini che già hanno firmato il documento contrario alla captazione del Pozzo Burano.

Il Comitato Giovani Go, ha ribadito che la posizione espressa dai manifestanti è chiara: opposizione ad ogni tipo di prelievo dal Pozzo del Burano e dai sistemi profondi dell’Appennino marchigiano se non in caso di emergenza (ai sensi della LR 5/2006 art 1 comma 2) in quanto si aprirebbe la strada ad adduzioni sempre più consistenti senza che siano state date le opportune garanzie sui possibili danni agli acquiferi, agli ecosistemi e al territorio in genere. Secondo vari portavoce dei comitati presenti, la quantità di risorsa necessaria a soddisfare i bisogni della Provincia di Pesaro-Urbino può essere recuperata attraverso normali pratiche di contenimento degli sprechi e politiche di risparmio.

Nella provincia di Pesaro e Urbino gli acquedotti sono obsoleti, con perdite oltre il 40 per cento e sussistono gravi deficit sul fronte della depurazione. L’accusa è che il piano anconetano ha un’impostazione generale che anziché mirare principalmente al risparmio della risorsa mira al prelievo continuo e sconsiderato delle falde profonde e diminuisce il controllo pubblico concedendo grande potere al gestore.