Presente e futuro

ANDREA CANGINI

E TRE. Dopo il Pd e Forza Italia, tocca ora al Movimento cinque stelle entrare in una fase di gravi tensioni interne dagli esiti imprevedibili. Come spesso accade, tutto è cominciato per un capriccio della Storia. Nessuno poteva infatti immaginare che il rinnovo di due consigli regionali (Emilia-Romagna e Calabria) potesse mettere a rischio fino a questo punto la stabilità dei tre principali partiti italiani, rendendo di conseguenza a dir poco precario il già fragile quadro politico. Evidentemente, sotto la cenere di Pd, M5s e FI ardeva più brace di quel che i fili di fumo lasciavano intendere. I grillini vivono in queste ore un passaggio cruciale: o il movimento cambia identità per aderire a una logica politica, oppure si arrocca nella ridotta di un’opposizione totale e lì un po’ alla volta si sgonfia. La crescente agitazione dei parlamentari pentastellati è la conseguenza ovvia di un problema evidente. Manca una leadership. Beppe Grillo formalmente c’è, ma pare si sia stufato. Di sicuro è poco presente. E anche quando è presente nessuno capisce dove voglia andare. Quel suo insistere sulla linea dell’autarchia politica appare velleitario.

SE I GRILLINI non accetteranno di stringere alleanze, infatti, renderanno sterile la propria presenza in parlamento poiché mai arriveranno al governo con le sole forze proprie. Par di capire che tale prospettiva non inquieti, ma al contrario rassicuri il comico genovese. Il quale, per altro, e anche questo è motivo di tensione per gli eletti, può contare sempre meno sul sostegno di Gianroberto Casaleggio. Non per scelta, ma per motivi di salute. Col Capo arroccato su un presente che taglia le gambe al futuro e il ‘guru’ più o meno fuori gioco, gli eletti grillini si sentono persi. E in questo loro perdersi s’annida un paradosso. La fase politica, infatti, sarebbe propizia per le terze forze. Purché disponibili ad alleanze. Mai come oggi, infatti, la presa di Renzi sul Pd e di Berlusconi su Forza Italia paiono allentarsi. E ciò mette in discussione la tenuta del Patto del Nazareno tra i due leader. A gennaio Giorgio Napolitano uscirà di scena e per Renzi non sarà facile individuare assieme a Berlusconi un candidato alla presidenza della Repubblica compatibile con i volubili umori dei rispettivi gruppi parlamentari. Grandi operazioni politiche e di potere come l’elezione del capo dello Stato sono state in passato foriere di nuovi e più avanzati equilibri politici. Se Grillo volesse far politica invece di continuare a far spettacolo, si insinuerebbe nelle contraddizioni del Nazareno, farebbe saltare l’accordo e si offrirebbe a Renzi come interlocutore stabile. Non per servirlo, ma per condizionarlo. Non lo farà mai. Cercheranno sicuramente di farlo molti dei suoi parlamentari.