Caso Annibali, i giudici in camera di consiglio. Lucia: "La mia faccia dimostra ciò che è successo"

Processo d'Appello: arrivo blindato per Varani, nessun contatto con i famigliari. La sorella Francesca: "Ci vengono negati di diritti essenziali". Talaban in aula: "Mi sono fidato di Precetaj"

Lucia Annibali al processo d'Appello (foto LaPresse)

Lucia Annibali al processo d'Appello (foto LaPresse)

Pesaro, 23 gennaio 2015 - Lucia Annibali sta attendendo con la famiglia, le amiche, le donne dell'Udi (Unione donne italiane) la sentenza d'appello. I giudici si sono ritirati camera di consiglio circa 45 minuti fa. Dice Lucia: "Credo che la mia faccia, le carte, la storia dimostrino ciò che è successo. Ma al di là della pena che verrà inflitta io continuerò per la mia strada mentre altri dovranno convivere con sé stessi". La sentenza è attesa per le 19.

L'ARRIVO DI VARANI. Arrivo blindatissimo, questa mattina, nell'aula della Corte di appello di Ancona di Luca Varani, imputato per l'aggressione con l'acido a Lucia. Il fatto che ieri i famigliari abbiano potuto avvicinarlo con una certa facilità (le foto ritraevano la carezza del padre, il bacio della sorella) non è stato gradito evidentemente a chi gestisce il trasporto, tanto che oggi l'ex avvocato non ha potuto avvicinare nessuno. Del fatto ha protestato energicamente la sorella di Varani, Francesca: "Ci vengono negati di diritti essenziali", avrebbe detto.

La stessa sorella risulta che a un certo punto abbia tentato anche di avvicinare la madre di Lucia Annibali, Lella: ma non è emerso nessuno spunto che possa far prospettare una qualche conciliazione tra le due famiglie. Anzi: "Ci avete fatto una cosa mostruosa", avrebbe detto la donna alla sorella di Varani, allontanandosi.

GLI IMPUTATI ALBANESI. Qualcuno si aspettava da lui dichiarazioni clamorose: lui è Rubin Talaban l'albanese di ghiaccio considerato dall'accusa l'uomo che il 16 aprile ha materialmente lanciato in faccia l'acido a Lucia, mentre il complice Precetaj attendeva in strada. E effettivamente Talaban una dichiarazione l'ha fatta. Ma abbastanza sibillina: "Mi sono fidato di Precetaj", ha detto l'albanese che finora non aveva parlato neanche durante gli interrogatori. "Sono stato coinvolto in una vicenda in cui non sono l'esecutore materiale dell'agguato - ha aggiunto Talaban-. Non conoscevo Luca Varani".

Cosa volesse esattamente dire, e se questo sia un tentativo per scaricare sul complice le responsabilità, ancora non è chiaro. E' vero che i difensori, Gianlcuca Sposito per Talaban e Umberto Levi per Precetaj, hanno chiesto nelle loro arringhe, appena finite, l'assoluzione per i loro clienti, "per non aver commesso il fatto".

Nessuno di loro due, secondo i legali, conosceva tra l'altro Varani. Ha aggiunto l'avvocato Sposito: "Sarebbe una logica criminale assurda quella per la quale il mio cliente, che viene fermato dalla polizia con l'acido il 27 marzo, poi  il 16 aprile come nulla fosse  getta l'acido". Lucia e i suoi famigliari non hanno voluto ascoltare le arringhe dei difensori.