Una sfida d’altri tempi nel centro sinistra

Spacca tra nuova Dc e ceti produttivi. La barzelletta del «Pesaro prende tutto»

Luigi Luminati

Luigi Luminati

Pesaro, 5 maggio 2015 -Cinque candidati governatori, lo spettro politico più ampio possibile: una sinistra, una destra, il movimento di Grillo e l’area di centro sinistra. Detta così sembra la cosa più facile e naturale del mondo. Ma non lo è, soprattutto per il ‘laboratorio Marche’ che si è infranto di fronte alla richiesta degli ex-Pci di poter avere un loro candidato governatore. L’area ex-democristiana, eminentemente rappresentata da Gian Mario Spacca, ha detto no. Ha preferito addirittura rompere un partito, 20 anni di governo comune in Regione, pur di rilanciare una piccola, nuova Democrazia Cristiana. L’approdo finale del simbolo scudocrociato della cosiddetta Dc di Palumbo a fianco del governatore uscente (ma non in provincia di Pesaro e Urbino, guarda caso) rappresenta anche visivamente questa idea di un nuovo centro, che, come ai tempi di Andreotti, può passare, indifferentemente, da una parte all’altra dello schieramento politico: sostituendo il Partito Democratico con Forza Italia.

Spacca ha riempito questa scelta di un paio di contenuti significativi: la tendenza al civismo e, soprattutto, la rappresentanza dell’impresa, dei ceti produttivi. Cercando di farla diventare la vera distinzione con la casa da cui proviene, ovvero il Pd. Se riuscirà a portare su questa linea i ceti produttivi allora potrà giocare la partita fino in fondo.

L’altro aspetto che emerge nella sfida all’ultimo sangue tra Spacca e Ceriscioli è quello territoriale. Leggevamo in queste ore di deliri anconetani: «Vogliono portare a Pesaro i servizi della Regione». Come se fossero esclusivamente di proprietà di chi abita nel capoluogo. Un po’ quello che accade da 30 anni nella Sanità, con la concentrazione a Torrette di tutte le eccellenze e doppioni di reparti o di servizi grazie all’Inrca e alla moltiplicazione delle cariche universitarie. E’ questo il potere che si oppone al cambiamento? Se Ceriscioli fosse Renzi direbbe questo. Ma non lo è. E’ un personaggio molto diverso, anche da quello che viene considerato l’uomo forte del Pd marchigiano, ovvero il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci. Il professore di matematica non ha l’ossessione di apparire e può esorcizzare questa presunta «paura dei pesaresi».

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Luca Ceriscioli con Gian Mario Spacca

Una boutade che è mutuata, purtroppo, dalle divisioni arcaiche della provincia di Pesaro e Urbino, dove il campanilismo storico, di impronta rinascimentale, non è mai venuto meno ed è utilizzato a fini politici un venerdì sì e l’altro pure. Non è un caso, ad esempio, che la massima concentrazione di candidati anti-Ceriscioli sia nella città di Fano: Paolini, Carloni, Ciancamerla, Foschi (tramite Stefano Aguzzi) Zaffini, Turiani. Molto più agguerriti che nell’entroterra. E pensare che qualcuno ipotizzava di fare un ospedale unico tra Pesaro e Fano.

La solitudine dei numeri primi. L’autosufficienza del Pd renziano ha provocato, però, la deflagrazione di ogni possibile alleato. Da Sel all’Idv, dai Verdi al Ps, fino a Pdci, Rifondazione Comunista ed affini non esiste più nulla. Per avere un paio di liste al suo fianco, Ceriscioli ha dovuto mettere insieme tutto ciò che resta, compresa una Udc marchigiana spaccata a metà come una mela. La perdita dei Popolari di Roberto Giannotti, che pure faranno dichiarazioni di voto a favore dell’ex-sindaco, ha un peso elettorale solo nell’area politica cattolica, vicina a Comunione e Liberazione. Dopo le elezioni avere alleati deboli invece che forti è forse meglio, prima non molto.

Il fattore nazionale. Fratelli d’Italia e Lega Nord, fidanzati da Salvini e Meloni, puntano sulla protesta anti-immigrati; Maggi e i ‘grillini’ sulla protesta anti-ladroni; Mentrasti e Sinistra Unita sulla protesta sociale, strizzando gli occhi alla Cgil ed alla sinistra Pd che, almeno da queste parti, è ancora tutta nella ‘Ditta’.

L’oblio. In campo tanti ras e soprattutto numerosissimi consiglieri regionali uscenti sotto inchiesta per le ‘spese pazze’. Partendo dal presupposto che tutti sono innocenti fino a sentenza, è evidente che essendo tutto lo spettro politico - eccezion fatta per i ‘grilli’ - interessato dalla vicenda giudiziaria il silenziatore è già calato.

Se ne parlerà dopo il 31 maggio, anche con qualche rischio.