Mercoledì 24 Aprile 2024

Regione rossa? Una boutade

Luigi Luminati

Luigi Luminati

Pesaro, 1 febbraio 2015 - Le Marche nella seconda Repubblica sono sempre state considerate una regione ‘rossa’. Ma si tratta di una mezza verità. Infatti se il centro sinistra ha vinto 4 elezioni dirette su quattro, mai un ex-comunista ha guidato l’alleanza vittoriosa. A meno di non considerare tale il giudice Vito D’Ambrosio, che dopo la fine della presidenza ha ripreso a lavorare come procuratore generale della Cassazione. Inoltre per tutta la prima Repubblica, il Pci è rimasto all’opposizione e solo il ciclone tangentopoli (che coinvolse i vertici pesaresi della Regione eletti nel 1990) consentì il ribaltone. Con D’Ambrosio garante nei confronti della magistratura e un pezzo di Dc forlaniana (Francesco Merloni e Gian Mario Spacca in testa) passato dall’altra parte della barricata.

Per farla breve se Luca Ceriscioli dovesse vincere primarie e successive elezioni, porterebbe per la prima volta alla guida delle Marche la tradizione di governo del comunismo pesarese. Non ci riuscì nemmeno Marcello Stefanini, recentemente santificato a 20 anni dalla morte, la cui presenza decennale in Regione è stata tra le esperienze meno ricordate. Quindi Ceriscioli rappresenta un cambiamento di visione: sia geografico (Pesaro Urbino è stata spesso periferica in questi ultimi anni) che politico. Pietro Marcolini rappresenta una continuità, sia personale (dagli anni ’80 in Regione) che politica. Una diversità c’è. Ma c’è anche un terzo incomodo. E’ l’eterna presenza degli ex-democristiani che nel decennio di Spacca si sono abituati a comandare tenendo a bada il socio forte dell’alleanza.