Restituisce la sim, la scheda finisce in Cina: costretto a pagare una maxi bolletta

Conto da 3.671 euro a carico di un pesarese

Telefonino (Archivio)

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Pesaro, 28 luglio 2015 - Un cinese faceva telefonate con la sua vecchia sim e lui, a sua insaputa, pagava. Vittima dell’equivoco è Mauro Massi, che di mestiere fa il progettista per interni, residente in via Salandra, a Pesaro. Il quale si è visto riconoscere l’errore da Vodafone ma la compagnia telefonica non lo risarcisce. Racconta Massi: «Dopo aver riconsegnato la mia Vodafone station con la vecchia sim, che nessuno mi ha detto che avrei dovuto tenere con me, nel febbraio 2011 mi sono visto arrivare una bolletta di 3.671 euro totalmente ingiustificata. A seguito di accertamenti, la ditta Vodafone di Riccardo Rubino verificava che al telefono rispondeva un cinese. Risultavano chiamate con connessione internet dalla Cina. Nel frattempo, Vodafone aveva prelevato la cifra dal mio conto corrente. A quel punto ho fatto reclamo alla Polizia postale che mi ha consigliato di rivolgermi ad un legale».

L’avvocato Enrico Tiboni ripercorre le tappe di un’incredibile vicenda che ancora non ha trovato esito, nonostante il pronunciamento del giudice: «Con atto di citazione – spiega il legale – abbiamo contestato l’importo, raggiungendo un accordo con Vodafone che prevedeva che la compagnia telefonica corrispondesse a Massi 1.800 euro. Ma dopo l’accordo Vodafone non ha mai versato nulla a Massi. Successivamente è stato fatto un decreto ingiuntivo alla compagnia telefonica. L’ingiunzione di pagamento, firmata dal giudice, non ha però sortito effetti. Il decreto ingiuntivo, firmato dal giudice di pace di Pesaro, non è stato opposto da Vodafone diventandoo esecutivo».

E’ seguita, aggiunge l’avvocato Tiboni «una notifica dell’atto di precetto che corrisponde a un’intimazione di pagamento. Passati i tempi di legge, 90 giorni, Vodafone non ha onorato il debito. Siamo passati quindi al pignoramento, chiesto all’ufficiale giudiziario presso la sede di Vodafone, ad Ivrea: è stato pignorato un apparecchio di videoconferenza del valore di 3.000 euro. Abbiamo chiesto la vendita del bene pignorato, ma a tutt’oggi Vodafone non ha provveduto a pagare e intanto la cifra che ci deve, comprensiva delle spese legali, è salita a oltre tremila euro. Era molto più semplice per Vodafone rispettare l’accordo preso di 1.800 euro». Per Massi è tutto chiaro: «E’ facile dedurre che la carta sim contenuta nella chiavetta riconsegnata a Vodafone, assieme alla Vodafone station guasta, era ancora attiva e qualcuno se n’era impossessato e la utilizzava in Cina».