Pesaro, la Fura dels Baus con la regia di Carlus Padrissa debutta al Rof

Il regista spagnolo rilegge Le siège de Corinthe come una guerra dell'acqua.

Carlus Padrissa de La Fura dels Baus, regista de Le siège de Corinthe

Carlus Padrissa de La Fura dels Baus, regista de Le siège de Corinthe

Pesaro, 10 agosto 2017 - E’ stato uno dei fondatori del celebre collettivo catalano La Fura dels Baus. Nella XXXVIII edizione del Rossini Opera Festival Carlus Padrissa cura la regia de Le siège de Corinthe, la monumentale opera francese di Rossini che inaugura il Rof.

Dopo trentotto anni di storia della Fura, come è approdato a Pesaro? “Grazie al Maestro Alberto Zedda, un artista di statura eccezionale che ci ha voluto qui. Era entusiasta del progetto e ne abbiamo discusso una sera a cena a casa sua, ascoltando musica di Rossini, naturalmente”.

L’opera ruota intorno all’idea della guerra per l’acqua. “Sì, si combatte per l’acqua come per l’oro e per il petrolio. E’ un tema di grande attualità che coinvolge l’Europa del Nord ma non solo. Mi sono ispirato ad un viaggio in Argentina, nella regione di San Juan, una zona desertica dove l’acqua salata ristagna e non fa crescere nulla”.

Si fa anche riferimento al film 2001: Odissea nello spazio. “Anche qui al centro del conflitto fra gli ominidi c’è l’acqua. La questione è o bere o morire”.

Oltre che al libretto utilizzato da Rossini, lei si ispira all’omonima novella di Byron. “Conosco bene la vicenda di Lord Byron e la sua storia è identica a quella di Rossini, fatta eccezione per alcuni nomi. Il suo testo ci ha aiutato a risolvere il problema delle danze che non ci sembravano adatte al clima di guerra che pervade l’opera”.

Lo spettacolo, come nella tradizione della Fura, è costruito in modo da coinvolgere il pubblico. “Il pubblico è immerso nella vicenda. Cantanti, coro, figuranti si muovono e cantano intorno a lui”.

Avete usato lo spazio dell’Adriatic Arena in modo diverso. “In realtà occupiamo solo sei metri di palcoscenico ma, considerando tutto lo spazio che ci prendiamo in platea, arriviamo a cinquanta metri creando un effetto stereofonico, una sorta di Dolby 5.0”.

Per gli elementi scenografici e pittorici, costumi e video, lei si è avvalso della collaborazione della pittrice Lita Cabellut. “E’ un’artista fantastica. I suoi quadri, in cui mescola materiali e tecniche diverse, hanno un grande successo. Per Le siège Lita ha creato dieci quadri, due rappresentano la vita e la morte mentre gli altri simboleggiano le diverse etnie e la storia del genere umano. La guerra, la mancanza di acqua, coincidono con la privazione dell’anima, uccidono la vita e con lei la bellezza”.