I ‘burosauri’ immarcescibili

Pesaro, 1 agosto 2014 - Ancora una volta per capire l’Italia bisogna guardare allo sport. I casi Tavecchio e Hackett spiegano il nostro Paese molto più di cento dibattiti sulla riforma del Senato. Lo sport, qualunque siano i risultati, è un concentrato dei difetti nazionali: dirigenti immarcescibili, lobbies scatenate, retorica senza fine e, soprattutto, grande spazio agli azzeccagarbugli del legalismo generalizzato. Se non reggono più le leggi statali, figurarsi quelle dello sport, ancora organizzato con il Coni che ha nella sua attuale struttura quella matrice nata nel regime fascista che lo trasformò in ente di diritto pubblico.

Il combinato disposto tra la crisi economica e morale del Paese e l’organizzazione sportiva a cavallo tra pubblico e privato può portare solo a casi di malcostume. E’ chiaro a tutti che Tavecchio è inadeguato al ruolo, anche a chi lo sostiene perché architrave della continuità. Così come è chiaro a tutti che la squalifica di Hackett è totalmente sproporzionata rispetto a ciò che ha commesso.

Soprattutto quando il presidente della Fip (un altro dirigente sportivo di lunghissimo corso) dice che «in Nazionale gioca chi ci vuole giocare». E dunque si deduce che Hackett sarebbe stato libero di non presentarsi come i campioni dell’Nba. Ma se non c’è l’obbligatorietà dov’è il reato? Solo nell’antiquato regolamento della Fip?

Oppure nel fatto che Petrucci ed altri hanno vissuto il comportamento di Hackett come una sfida al loro potere? Magari con l’idea di farla pagare al turbolento campione pesarese? Sei mesi di squalifica post... datata fanno pensare questo ed altro. Sono chiaramente lo specchio di un sistema sportivo allo sfascio che si alimenta degli ultimi brandelli di ricchezza di un paese. I due casi sono un esempio palese del potere dei burosauri. Gli stessi che hanno assistito ad altre grandi ingiustizie sportive. Dai tempi della monetina fino agli scudetti del doping amministrativo. Poi si lamentano che il basket è uno sport che va indietro.