Trivelle in Adriatico, il comitato protesta. Le ragioni del sì e quelle del no

Lo Sblocca Italia finanzia la ricerca di petrolio e gas VIDEO Il comitato TrivelleZero si presenta

Pesaro, l’incontro del comitato TrivelleZero (Foto Pedini)

Pesaro, l’incontro del comitato TrivelleZero (Foto Pedini)

Pesaro, 31 luglio 2015 - Cresce il coro dei «no» alle trivelle per la ricerca di petrolio e gas davanti alla costa adriatica e nel territorio marchigiano. «Il decreto Sblocca Italia mette a rischio non solo l’ambiente, ma anche la pesca, il turismo e l’agricoltura. Troppi i pericoli che comporta: dagli incendi alle perdite di idrocarburi; dalle emissioni di inquinanti ai rischi geologici come terremoti e subsidenza». A ribadirlo, mercoledì sera, al Gran Teatro dei Ragazzi di Pesaro, il neonato comitato TrivelleZero (video), un movimento variegato che riunisce semplici cittadini e tante associazioni, tutti con un unico fine: dire no alle perforazioni in Adriatico che il Governo Renzi ha autorizzato per la ricerca dell’oro nero e del gas.

Tante le persone che si sono radunate ad ascoltare Augusto De Sanctis, attivista del coordinamento abruzzese «No Ombrina», che, documenti ufficiali alla mano, ha disegnato un quadro preciso dei progetti esistenti in tutta la regione. E lo specchio di mare davanti a Pesaro non sembra risparmiato, così come l’entroterra.

Le ragioni del sì. Ma cosa ha portato il Governo ad approvare lo SbloccaItalia? La Strategia energetica nazionale (Sen) vuole più che raddoppiare entro il 2020 l’estrazione di idrocarburi in Italia, fino a 24 milioni di barili equivalenti all’anno. Si ipotizzano investimenti per 15 miliardi di euro e 25 mila nuovi posti di lavoro. Inoltre è atteso oltre un miliardo di euro extra di introiti fiscali annui. «Il decreto è una buona cosa – ha dichiarato Pietro Cavanna, presidente del settore Idrocarburi di Assomineraria - i benefici saranno notevoli anche sul piano dell’occupazione, e avremo una riduzione della bolletta energetica di 5 miliardi e mezzo». Anche il premier Renzi, a proposito del petrolio in Basilicata, ha detto: «Ce n’è tanto, sarebbe assurdo rinunciare». Oggi la produzione italiana di petrolio e gas è di 11,8 tonnellate equivalenti e copre il 10% del fabbisogno nazionale.

A dispetto di ciò il fronte del no adduce che i pericoli che deriverebbero dall’estrazione e dalla ricerca di petrolio e gas sarebbero superiori ai benefici. «Un solo incidente in mare potrebbe mettere in ginocchio interi settori economici, nonché avere un impatto rilevante sulla salute – ha sottolineato Augusto De Sanctis-. Il Belpaese, con il suo patrimonio ambientale, paesaggistico e artistico, e le sue produzioni di qualità, è particolarmente vulnerabile a tutti i rischi connessi alle perforazioni petrolifere e agli stoccaggi. Un’economia diffusa che viene messa a rischio per privilegiare un’economia inquinante concentrata in poche mani».