Venerdì 19 Aprile 2024

Prato, fiumi d'acqua potabile nelle fogne. Così si spreca il bene più prezioso

Gettati milioni di metri cubi, al palo un progetto per recuperarli Invia le tue segnalazioni a [email protected]

Sotto inchiesta Qn

Sotto inchiesta Qn

Prato, 23 luglio 2014 - CERTO, con il cielo che scarica temporali con una frequenza autunnale più che estiva il problema dell’approvvigionamento idrico quest’anno non si è ancora affacciato alla cronaca. La questione, però, è tutt’altro che risolta e gli sprechi di preziosa acqua di falda gridano vendetta. Anche perché l’acqua è un bene pubblico, quindi di tutti noi che paghiamo salate bollette ai gestori. Quel che accade a Prato è paradossale. Succede infatti che nella zona est della città, a poche centinaia di metri dal casello autostradale della A11, l’enorme falda idrica sulla quale è seduta la città si è alzata. C’entrano le piogge abbondanti e forse anche alcuni lavori che potrebbero aver deviato corsi sotterranei. Fatto sta che sotto l’area di Mezzana l’acqua sale e emerge nelle cantine, nei sotterranei.

SOTTO un centro sportivo privato, la palestra Universo, da un giorno all’altro è spuntato un fiume negli scantinati. Sono quattro anni che la palestra convive con una massa d’acqua che spinge per salire e che ha allagato tutto, tanto da costringere la proprietà a spese ingenti (tra pompe idrovore e le pesantissime bollette dell’energia elettrica per alimentarle) per pomparla nelle fognature. Fin qui sarebbe un problema, per quanto grave, attinente alla sfera privata della società che gestisce la palestra, magari anche dei privati confinanti (alcuni palazzi, un hotel, al limite il museo d’arte contemporanea Luigi Pecci). Il punto è che quell’acqua è ottima, lo dicono le analisi, ed è di tutti. Ma nonostante l’impegno dell’Universo per non buttarla nelle fogne, il «pubblico» dorme e la preziosa acqua viene sprecata al ritmo di tre milioni di metri cubi l’anno, secondo alcuni tecnici.

IL TITOLARE Alessio Nencetti si è attivato da tempo per affrontare il problema: l’idea era quella di incanalare l’acqua prelevata dagli scantinati in una conduttura con destinazione l’acquedotto industriale, così da recuperarla per uso produttivo. E a Prato, non serve ricordarlo, la lavorazione tessile, che nonostante la crisi è sempre fiorente, di acqua ha un grandissimo bisogno: non per nulla le prime attività, nei secoli scorsi, nacquero lungo le sponde del fiume Bisenzio, con le tintorie che ne sfruttavano la pendenza per «rubargli» l’acqua e poi sversarla dopo le lavorazioni.

DOPO una riunione in Provincia per valutare la fattibilità dell’operazione di incanalamento dell’acqua tutto sembra essersi fermato. Ci sono stati degli interessamenti da parte della nuova amministrazione. In un mondo dove le risorse naturali sono perennemente a rischio, buttare via ottima acqua della collettività è quasi un crimine, ma i privati non possono fare altrimenti se vogliono evitare di ritrovarsi completamente allagati: è proprio il caso di dire «o bere o affogare».