Giovedì 18 Aprile 2024

Il feudo di Matteo

sofia ventura

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Roma, 6 febbraio 2016 - Le prossime primarie del centrosinistra a Milano e Roma ci dicono cose interessanti sul Pd. Da un lato confermano che esso è molto permeabile e funziona di conseguenza in modo molto diversificato sul territorio. Così, al vivace confronto tra personalità di rilievo a Milano – le due più visibili sono quelle di Beppe Sala e Francesca Balzani – corrisponde una partita romana che risente del declino della capitale. Dopo aver fatto fuoco e fiamme per destituire Marino, il Pd romano ha annaspato alla ricerca di candidati e la sfida delle primarie ora vede in gioco il bravo Giachetti, però privo di una vera e propria esperienza di amministratore, se non la guida del gabinetto dell’ex sindaco Rutelli, e l’ex assessore Morassut. Forse poco per aspettarsi quelle rivoluzioni che si imputava all’ex sindaco di non avere intrapreso. Queste primarie mostrano anche un doppio aspetto della personalizzazione che ha investito la ex ditta. Il primo fu aperto dalla stagione dei sindaci, tra i primi esempi di personalizzazione della politica in Italia, e si riconferma con forza oggi che la personalizzazione è divenuta moneta corrente

A MILANO, ad esempio, osserviamo che i candidati, più che veri e propri progetti per la città, cercano di affermare un ‘profilo’. Ma il confronto milanese mostra anche come il Pd faccia spesso ricorso a figure più o meno ‘esterne’ (come Sala); d’altro canto a Roma, dove la fragile società civile non ha fornito ‘campioni’, la travagliata scelta di un candidato nel partito alla fine si è diretta su un personaggio, Giachetti, che si è formato all’antica scuola radicale ed ha costruito la propria visibilità in modo autonomo. Ciò può essere interpretato come apertura alla società, ma anche come indice di una difficoltà a produrre ‘in proprio’ classe dirigente. Quello degli ‘esterni’ è un fenomeno che già conoscemmo nella citata stagione dei sindaci, ma anche allora era un segnale di crisi della politica. Il Pd, dunque, si adegua al diffuso fenomeno della personalizzazione, ma come partito stenta a divenire palestra per la formazione di forti e autonome personalità. Veniamo al secondo aspetto. Le imminenti primarie mostrano che, se da un lato le candidature si costruiscono sempre più sull’immagine, dall’altro risentono del condizionamento della persona che oggi – ci si perdoni il bisticcio – più personalizza la politica italiana: Matteo Renzi. Sala gode della sua benedizione e rappresenta quella figura di super-tecnico che il premier predilige. La sua vittoria o sconfitta saranno viste come vittoria o sconfitta del premier, così come su Balzani convergeranno voti della sinistra che non nutre simpatie per Renzi. Analogamente, è sempre Renzi che ha fortemente voluto Giachetti. Le primarie milanesi e romane, dunque, non sfuggono alla linea di conflitto pro o contro Renzi. Più che progetti, e almeno quanto l’affidabilità del candidato, conterà quella contrapposizione.

L’immagine e il potere del capo è ormai l’unico fattore nel partito in grado di condizionare il livello locale (con imposizioni o patti, dipende dalle situazioni) e di stemperare le differenze, figlie della feudalizzazione del Pd. Ma che questo sia il modello migliore per un partito, e in generale per una buona politica, è tutto da dimostrare.