Bologna, 26 luglio 2012 - GLI ULTIMI quattrocento chili se ne sono andati l’altra sera, ghermiti e spazzati via da un vorace esercito di forchette, insaziabile ed efficienti come un battaglione di formiche. Non c’è stato scampo per i tortelloni dell’omonima sagra di Ozzano: in 11 giorni ne sono stati messi in tavola una cinquantina di quintali e alla fine il conto di quelli rimasti, segnava un trionfale zero assoluto.
 

Davvero un grande successo, come nelle precedenti 28 edizioni, omaggio gastronomico ai santi Cristoforo e Carlo, patroni del paese. Un applauso, allora, alla batteria delle 40 sfogline impegnate ad amalgamare, ogni sera, 800 uova, 170 chili di sfoglia, 120 di farina, 200 di parmigiano e ricotta toscana da decorare, poi, con 50 chili tra burro, pomodoro, salvia e quant’altro. E un analogo battimani ai 130 volontari di ogni età e di ogni ideologia al lavoro nel bar, nell’area degli spettacoli, in quella della pesca, alle griglie per la carne, negli stand e tutt’intorno ai tavoli occupati da un migliaio di entusiasti commensali che, in certe sere, si inerpicavano fino a quota 1500.

«L’incasso va al parroco, Monsignor Giuseppe Lanzoni e viene destinato a varie iniziative: dall’assistenza a 67 famiglie per complessive 207 persone, alle missioni dove pure lavora una suora di Ozzano, a opere parrocchiali come le aule di catechismo e la sala polivalente, alla manutenzione della chiesa, a una borsa di studio per uno studente del Camerun», sottolinea Giovanni Saporetti, bravo e instancabile ‘regista di sala’ e non solo, erede di Giorgio Benfenati.

TEMPO di sole, di luna e di sagre dalla pianura con vista sulla città all’angolo più lontano dell’Appennino in una saporita catena di piatti e di posate unita dalla voglia di trascorrere qualche ora nel fresco della sera davanti a un piatto di specialità genuine. La gamma è praticamente infinita: si va da quella del tortellone a quella del tortello, del tortellino, del cinghiale, del tartufo, del lippolo, della pasta, del raviolo, dell’asparago, del pesce, della polenta, dell’uva, dei funghi, e via così. E alle spalle di primi e di pietanze, immersi nei profumi delle grigliate e fasciati da una divisa di grembiuli bianchi, sempre loro: gli instancabili, precisi e validissimi volontari di ogni età. Si calcola che nelle 131 sagre distribuite tra luglio a settembre in 59 comuni del Bolognese ne scendano in campo dai sette ai novemila spinti dall’impalpabile sentimento dell’emilianità nella solidarietà.

UN ESEMPIO? La ‘Sagra del pesce’ di Galeazza messa su dai paesani integrati da una formazione di volontari di Dodici Morelli dove mercoledì, come segnala Massimiliano Borghi, il presidente della festa, Primo Zambelli, ha consegnato a Rita Baraldi, vice sindaco del comune terremotato di Crevalcore, l’incasso della serata: un assegno da 5 mila 500 euro.
 

Pentoloni bollenti e griglie roventi in un’interminabile striscia di paesi tra cui Lippo, Marmorta, Vedrana, Pieve di Cento, Bevilacqua, Crevalcore, Decima, Camugnano, Mercatale, Castenaso e Badi, dove le sagre si allungano di settimana in settimana. Ugualmente a puntate gli incontri gastronomici di Pegola, minuscola frazione, dove però l’appetito non manca. E infatti scendono di volta in volta in tavola tortelloni, tagliatelle, castrato, fiorentine, tartufo e zucca.
 

Così l’estate in provincia scivola serena, di sera in sera, scandita da un ricco calendario gastronomico che sposta le masse al seguito dei profumi di sagra in sagra. E alle loro spalle e nel buio si coglie, qua e là, il grande, silenzioso lavoro dell’esercito dei volontari, gente operosa senza nome e senza volto, uomini e donne giovanissimi, giovani, meno giovani e in là con gli anni, spesso al seguito della grande bandiera della beneficenza uniti l’uno all’altro da una sfoglia, da un ragù, da un composto di burro e salvia o anche soltanto dal desiderio di fare del bene.

di Gianni Leoni