Un antidoto alla paura

Ravenna, 1 marzo 2015 - Erano in tre, hanno vissuto a Ravenna, poi sono stati reclutati e sono partiti per combattere sotto la bandiera nera dell’Isis. E ci hanno rimesso la vita. Di uno non si conosce l’identità, degli altri due si sa che erano giovani uomini apparentemente integrati, se non addirittura occidentalizzati: lavoro, amici, fidanzate. Come si passa dalle uscite a Milano Marittima alla jihad in Siria? Quale lavaggio del cervello può spingere qualcuno a combattere dalla parte sbagliata? Non lo capiremo mai.

Ma ora sappiamo per certo che alcuni di coloro che vediamo in televisione con il mitra al collo sono passati di qui. La tentazione di guardare con sospetto chiunque abbia un aspetto nordafricano o mediorientale c’è per tutti. Additare la moschea è politicamente facile. Più che lecito, invece, chiedere alla stessa comunità islamica di interrogarsi, come si interroga ognuno di noi. ‘Avere paura è normale, ho paura anch’io’, dice Tahar Lamri, intellettuale di origini algerine che vive a Ravenna da quasi trent’anni. La paura si vince con il dialogo e con la condivisione di alcuni principi di civiltà che, in una città europea, devono valere più di qualsiasi identità etnica e religiosa.