«Non è una falsa cieca». E scoppia a piangere

La Corte d’appello del Tribunale del lavoro ha riconosciuto l’invalidità alla parrucchiera di Lugo

Fermoimmagine del video, girato con telecamere nascoste, diffuso dalla Guardia di Finanza

Fermoimmagine del video, girato con telecamere nascoste, diffuso dalla Guardia di Finanza

Lugo (Ravenna), 28 febbraio 2015 - Anche la Corte d’appello del tribunale del lavoro ha dato ragione alla parrucchiera lughese, divenuta nota per il procedimento penale a suo carico (con l’accusa di essere una ‘falsa cieca’) che l’ha vista poi assolta con formula piena. Giovedì pomeriggio, quando i suoi legali Michele Lombini ed Erika Appi le hanno comunicato la sentenza la donna è scoppiata a piangere. Nel 2011è iniziato il suo incubo. La 66enne fu accusata di essere una falsa cieca e di aver così truffato l’Inps per i conseguenti benefici, ovvero pensione e assegno di accompagnamento. Ad avviare l’indagine, a metà del 2011, era stata la Guardia di Finanza di Lugo che effettuò riprese video da cui si evidenziavano condotte della parrucchiera che apparivano in contrasto con il suo stato di ipovedente affetta da retinite pigmentosa degenerativa con maculopatia: la donna infatti era ripresa mentre girava in bicicletta da casa al negozio o al bar prendeva in mano il giornale.

La Finanza presentò alla Procura i risultati dell’indagine indagando la parrucchiera per truffa ai danni dell’Inps avendo indotto in errore la Commissione medica di prima istanza indicando quelle patologie oculari, così da ottenere la pensione di invalidità totale (281 euro al mese) e l’assegno di accompagnamento (807 euro). Il danno all’Inps fu valutato in 43mila euro e la Procura chiese e ottenne dal gip il sequestro preventivo di pensione e assegno di accompagnamento.

Nel 2013 i difensori chiesero il processo con rito abbreviato, condizionato alla perizia e il gip nominò il professor Troiano che ha concluso per il pieno riconoscimento delle patologie indicate nella documentazione in possesso alla parrucchiera fin dal 1986. Il perito ha anche chiarito che una persona affetta da questa patologia ben può continuare a svolgere quelle attività che lei svolgeva: fu assolta per non aver commesso il fatto. Nel 2012 l’Inps le comunica «che è possibile confermare la prestazione di invalidità civile» ma che «lei ha una invalidità accertata da cieca con residuo visivo» e le revoca l’indennità di accompagnamento. Dopo la revoca la donna decise di presentarsi davanti al giudice del Lavoro che la riconobbe cieca assoluta. E giovedì l’appello l’ha confermato (condannando l’Inps a pagare le spese). Ha avuto ragione, resta il dolore per la vicenda che l’ha vista suo malgrado protagonista.