Ha ucciso tre persone: chiede di essere scarcerato

Il caso del pluriomicida Primo Bisi, il tribunale del riesame ha ovviamente detto di no

Primo Bisi in tribunale (foto Corelli)

Primo Bisi in tribunale (foto Corelli)

Ravenna, 2 ottobre 2014 - Alla vigilia del processo d’appello che si svolge oggi a Bologna, il pluriomicida Primo Bisi, di 76 anni, peraltro dichiarato socialmente pericoloso, ha chiesto, attraverso il proprio legale, di tornare in libertà. Bisi, lo ricordiamo, è l’uomo che il 17 settembre 2012 entrò nello studio dell’avvocato Francesco Manetti con l’intenzione di ucciderlo e gli sparò un colpo di rivoltella al torace e per questo un anno fa è stato condannato a tredici anni di reclusione; in precedenza Bisi, il 6 dicembre del 2001, aveva ucciso a Savio la moglie e un vicino di casa e per questo era stato condannato a 16 anni di reclusione e ancora, negli anni Sessanta, con la complicità del fratello, aveva ucciso un uomo ritenuto l’amante della prima moglie (e condannato a 14 anni).

Ricordiamo che l’uomo, quando due anni fa tentò di uccidere Manetti (e anche un commissario di polizia municipale che lo stava inseguendo), era in regime di detenzione domiciliare per via dell’età e delle condizioni di salute, concessa dal giudice di sorveglianza (stava scontando la pena per il duplice omicidio di Savio).

La richiesta, avanzata in un primo momento ai giudici della Corte d’appello che oggi lo giudicheranno e da questi respinta, è stata ripresentata sotto forma di ricorso al tribunale del riesame. E il collegio non ha perso molto tempo a decidere, anche a fronte dell’incredibile curriculum di omicidi a suo carico, e hanno velocemente respinto la richiesta.

E stamane, come si diceva, in Corte d’appello a Bologna è a ruolo il giudizio di secondo grado per il ferimento di Manetti. A proporre appello è stata a suo tempo la difesa di Primo Bisi; il pm non aveva alcun motivo di fare ricorso in quanto un anno fa il gip di Ravenna Monica Galassi, a conclusione del processo con rito abbreviato, inflisse a Bisi una pena maggiore di quella richiesta dal pm Isabella Cavallari.

Al processo odierno appare scontata la conferma della sentenza di primo grado, ovvero 13 anni di reclusione e quattro anni di casa di cura e custodia, a pena espiata, per via della pericolosità sociale. Nei confronti del pluriomicida è costituito parte civile l’avvocato Francesco Manetti, tutelato dall’avvocato Ermanno Cicognani.