Ravenna, 16 dicembre 2010 - In gamba, coraggiosa e profondamente legata alle figlie, Augustina Chioma Ononiwu Mc Kinnon, la donna nigeriana morta nella sua casa di via Gulli probabilmente per avvelenamento da monossido di carbonio, viveva in Italia da oltre dieci anni e la sua storia nel 2007 era finita in un libro.

Era tra le protagoniste di ‘Mamma mia’, volume fotografico di Giampiero Corelli dedicato alla figura materna. Un libro da cui era stata tratta una mostra. Corelli l’aveva ritratta con le sue bambine, due gemelle albine, e con la madre, arrivata dall’Africa per darle una mano.

«Era intelligente — ricorda il fotografo — e disponibile. In questi anni ci siamo incontrati spesso perché quando poteva veniva alle presentazioni dei miei libri. Aveva aperto un negozio di alimentari in via di Roma, poi in quartiere Sant’Agata. Era un tipo preciso, in grado di prendersi cura delle figlie».

Dopo la nascita delle bambine in Italia la donna, originaria di Benin City, era tornata in Africa. Ma le cose non erano andate bene, le figlie avevano avuto problemi di salute e in paese non tutti sembravano disposti ad accettare la loro ‘diversità’.

Tornate a Ravenna la donna aveva lavorato come badante, cameriera e donna delle pulizie. Fino all’apertura di una sua attività con cui aveva raggiunto l’indipendenza economica, come conferma l’Azienda dei servizi alla persona.

«La situazione familiare e personale della signora — spiega l’Asp — era conosciuta dal servizio sociale da tempo con esiti positivi rispetto al suo percorso di autonomia. Viveva di una propria attività, sufficiente per sé stessa e le sue bambine; l’ultima richiesta di sostegno economico risale al 2008 e le era stata concesso».

La donna era rientrata in Italia l’8 dicembre dopo un periodo in Nigeria. Durante la sua assenza aveva inviato ad alcuni conoscenti il denaro per pagare le bollette del gas. Questo però non era avvenuto ed Hera aveva piombato i contatori.

Profondo dolore per la sua morte esprime Pericle Stoppa, assessore alle politiche sociali. «Il mio dispiacere — sottolinea — è accentuato dal fatto che il tragico episodio potrebbe essere dipeso dall’avere riscaldato l’abitazione con mezzi di fortuna. La situazione non è addebitabile a carenze dei Servizi sociali.

Tuttavia non dobbiamo nasconderci che oggi il sistema del welfare, nel suo complesso, non è in grado di far fronte a tutte le spese necessarie per garantire una vita decorosa alle famiglie. È un problema aggravatosi negli ultimi anni per l’aumento delle famiglie indigenti, cui il welfare non ha potuto rispondere con un analogo aumento di risorse.

Anzi, se il Comune di Ravenna, sia pure tra mille difficoltà, qualche risorsa aggiuntiva è riuscito a metterla in campo, i trasferimenti dello Stato destinati alla spesa sociale si sono addirittura ridotti. In questo quadro drammatico, in cui disgrazie simili a questa accadono in varie parti del Paese, e potrebbero capitare in ogni comune, responsabilità vorrebbe che le forze politiche facessero fronte comune per fronteggiare l’emergenza. Non intendo perciò partecipare al gioco delle scaricabarile; contesto però che la sincerità del cordoglio dipenda da una dichiarazione alla stampa, tanto più se, come nel caso del consigliere Costa, esso si confonde con la strumentalizzazione politica».