Ravenna, 9 febbraio 2011 - LE DONNE che lavorano sono più del 60 per cento, ma la crisi fa aumentare la disoccupazione femminile. E soprattutto, per le donne il lavoro è più precario e con retribuzioni più basse rispetto agli uomini.

Sono alcuni dei risultati dell’analisi di contesto realizzata dal Comune in vista dell’elaborazione del bilancio di genere: uno strumento pensato per valutare il diverso impatto delle politiche di bilancio sugli appartenenti ai due sessi, tenendo conto di demografia, istruzione, lavoro, qualità della vita e presenza nei luoghi di rappresentanza e decisione.

Vediamo alcuni tra i punti principali dello studio, in gran parte basato su dati del 2008. Per il lavoro, proprio tra il 2007 e il 2008 si è registrata un’inversione di tendenza: il tasso di disoccupazione femminile in provincia di Ravenna, che era in calo costante dal 2004, è risalito dal 2,9 al 4,6 per cento, mentre per gli uomini è sceso dal 2,9 al 2,5. Entrambi i dati (riferiti alla fascia d’età 15-64 anni) sono leggermente sopra la media regionale.

Il tasso di occupazione delle donne cala dal 66,8% del 2007 al 62,6 del 2008, mentre per gli uomini la flessione è più modesta, dal 76,9 al 76 per cento. L’analisi di contesto fa notare che l’occupazione femminile, nel 2008, era comunque al di sopra dell’obiettivo del 60 per cento stabilito dal Consiglio europeo di Lisbona.

Va però considerato che, negli ultimi due anni, la crisi ha ulteriormente inciso sui dati. Dallo studio emerge che l’occupazione femminile si concentra nei servizi (37,8 per cento, di cui 13,4 per cento nei servizi alle imprese) e nell’industria (24,4 per cento), seguono il commercio (17,5) e il settore alberghiero e della ristorazione (9,8). Diversa la distribuzione del lavoro maschile: l’industria occupa il 37,9 per cento dei lavoratori, i servizi il 17,6 per cento, le costruzioni il 13,1, i trasporti il 12 e il commercio l’11,4.

L’analisi evidenzia come nel nostro territorio la qualità del lavoro sia peggiore per le donne: la loro presenza è concentrata nei settori caratterizzati da maggiore flessibilità, precarietà e livelli retributivi più bassi: se nel 2001 sei donne dipendenti su dieci (escluso il settore agricolo) erano assunte a tempo indeterminato, nel 2008 questa quota è scesa al 47,1 per cento.

Significativo anche il dato sulle ‘professioni non qualificate’: se in totale gli occupati di questa categoria sono aumentati dell’11,3 per cento, per le donne la crescita è del 64,9 per cento (a fronte di una diminuzione del 29,4 per cento tra gli uomini). Nella categoria ‘Legislatori, dirigenti e imprenditori’ la crescita dell’occupazione femminile è più rapida (+27,2 per cento rispetto al 2001, contro il +9,1 degli uomini), ma in cifre assolute il divario resta enorme: a ricoprire ruoli di vertice, in provincia, sono 1.145 uomini e solo 187 donne.

L’imprenditoria femminile (ovvero le società in cui le quote di partecipazione spettano per almeno i due terzi a donne e le ditte individuali gestite da donne), costituisce il 22,4 per cento del mondo dell’impresa ravennate: 3.642 aziende su 16.280, con picchi nell’agricoltura (22,6 per cento), nel commercio (28,9 per cento), nell’alloggio e ristorazione (31,1 per cento) e nelle ‘altre attività di servizi’, dove le imprese femminili sono il 50,7 per cento. Infine, una nota generazionale: nella fascia d’età 55-64, il 73 per cento degli occupati è donna, fenomeno spiegabile con la bassa remunerazione e la discontinuità del lavoro, che costringe la lavoratrice a proseguire l’attività anche in età avanzata.

Altrettanto evidenti sono le differenze nella scelta degli studi: oltre il 60 per cento degli iscritti ai licei sono ragazze (che mediamente scelgono il classico). Le proporzioni sono ribaltate negli istituti tecnici (dove i maschi si orientano verso gli indirizzi industriali, mentre le femmine optano più spesso per il commerciale). Netta prevalenza femminile (oltre il 60 per cento) nelle facoltà universitarie del polo ravennate, con una particolare concentrazione nei corsi di Conservazione dei beni culturali e Giurisprudenza.