Ravenna, 13 marzo 2012 - Di lavoro si continua a morire, e ci si continua ad ammalare. Succede di meno rispetto a qualche anno fa, ma cambiano le patologie e i rischi. In Emilia Romagna le denunce legate a malattie professionali sono 1.500 ogni cinque anni, e mentre sono diminuite quelle per dermatiti (che videro la loro impennata negli anni Ottanta), diventano sempre di piu’ quelle muscolo scheletriche.

“Si possono considerare malattie lievi, e’ vero- commenta Giampiero Mancini, direttore della Medicina del lavoro della Asl di Ravenna, durante il convegno sulla sicurezza promosso per i 25 anni dalla tragedia della Mecnavi-, ma sono tante, e riducono la qualita’ della vita. Un lavoratore, oggi, vive peggio”. Negli ultimi anni, secondo i dati dell’Inail, sono aumentate le denunce per tumore. In provincia di Ravenna sono un quarto del totale, mentre sono un ottavo quelle per mesotelioma. Qualche anno fa lo era una su dieci. Dal 2006 ad oggi, gli infortuni sul lavoro sono diminuiti del 2,8% a Ravenna e provincia (da poco piu’ di 12.000 a poco piu’ di 10.000), in tutti i settori. E se nel 2006 a morire sul posto di lavoro furono in 16, nel 2010 e’ successo a sette persone.

A guardare i dati, pare che il lavoro femminile sia in progressivo miglioramento sul fronte della sicurezza. Nel 2010 si sono infortunate in 1.841, -4,5% rispetto all’anno precedente. Gli uomini, invece, si sono infortunati in 3.807, anche loro in diminuzione (-2,6%) rispetto al 2009. I settori piu’ a rischio, sul versante femminile, sono quelli della sanita’ e delle attivita’ immobiliari, mentre per gli uomini sono quelli di costruzioni e trasporti. Il 57% dei lavoratori che hanno perso la vita nel 2009 lo hanno fatto sull’asfalto, in seguito ad incidenti automobilistici.

Mancini porta l’attenzione anche su una nuova forma di disagio dei nostri tempi: quella legata al turnover e all’instabilita’ del lavoro.
“Sono circostanze- conclude Mancini-, che causano apprensione e forte ansia. Questi fattori abbassano, e di molto, la qualita’ della vita. Stanno male non solo i lavoratori, ma anche le loro famiglie”.

(Fonte Dire)