Ravenna, 29 giugno 2013 -   IL GIORNO di pioggia ha fatto da amplificatore alla protesta dei dipendenti ministeriali del settore culturale, che ieri hanno svolto volantinaggio davanti ai monumenti simbolo della città, parallelamente a una chiusura straordinaria dei siti di due ore. Dalle 11 alle 13, i tanti turisti in fuga dalle spiagge della Riviera uggiosa, in cerca di asilo in città per una visita più approfondita di monumenti e bellezze artistiche, hanno però trovato però solo porte e cancelli chiusi.
 

NELLA DELUSIONE generale la memoria è andata subito al Colosseo sbarrato per le proteste, ma i sindacati rifiutano il parallelismo. «Quella è stata un’azione unilaterale di una sigla sindacale che ha deciso di andare ‘fuori dal percorso tracciato», spiega Barbara Bandini della Uil Pa Ravenna, che ieri mattina era davanti alla Soprintendenza con una quarantina degli otlre 150 dipendenti ministeriali dislocati nelle varie sedi cittadine, di Faenza e di Russi. A Ravenna «non è stata una protesta, ma un tentativo di sensibilizzazione per spiegare a turisti e cittadini in che condizioni è uno dei settori più importanti dell’economia del nostro Paese e della nostra città», ma purtroppo «siamo visibili solo quando creiamo disturbo».
 

Una manifestazione in ogni caso riuscita, secondo Maria Angela milandri della Cisl Fp Romagna, «da un lato per la forte adesione dei lavoratori, dall’altro per l’interesse generato negli stessi turisti. Una volta superato il disagio in molti hanno fatto domande e si sono interessati ai motivi della protesta. Soprattutto gli stranieri sono stati molto comprensivi nei nostri confronti, dal momento che la paralisi e il declino del settore culturale italiano sono visibili anche ai loro occhi, come dimostrano i tanti suggerimenti e commenti che ci lasciano nei registri dopo aver visitato i nostri monumenti». Il concetto fondamentale, ribadisce la sindacalista, è che «non siamo qui solo per la difesa dei salari, ma di un prodotto, la Cultura, che può essere motore prinipale del rilancio economico, soprattutto nel nostro Paese e a Ravenna, così ricca di siti storici e artistici riconosciuti Patrimonio dell’Unesco. Ora che con l’ultima riforma il Ministero dei Beni culturali ha anche competenze nel turismo, serve davvero una riorganizzazione intelligente che non preveda i soliti tagli».
 

Del resto, aggiunge Francesco Vacirca (Fp Cgil Ravenna), «è ora che il nostro Paese cominci a valutare seriamente l’opportunità che i beni museali, gli Archivi di Stato e le biblioteche possano fare da volano per l’economia. Questo nonostante i lavoratori siano già compressi in una fase che si contraddistingue soprattutto per i ritardi nei pagamenti dei compensi straordinari, dovuti alle tante attività straordinarie delle Soprintendenze».
 

NELL’INCONTRO precedente al presìdio con il prefetto, i sindacati hanno chiesto «maggiori investimenti sulla professionalità del personale ministeriale per evitare le esternalizzazioni». «Siamo riusciti a gestire fino ad ora i siti e le competenze affidateci — continua Bandini —, continueremo a farlo, senza creare nuovi poveri, visto che i dipendenti delle cooperative o delle aziende a cui di solito vengono affidati i servizi della cultura sono spesso sottopagati e sfruttati per ottimizzare i costi». Altra nota dolente sono le consulenze esterne, «inutili e costose, visto che tra i dipendenti ci sono fior di professionisti in grado di svolgere lo stesso lavoro a costo zero per il Ministero».
 

Valeria Melloni