Ravenna, 14 novembre 2013 - È L’ANNO nero delle tartarughe. Lo dimostrano i dati — 170 esemplari rinvenuti senza vita dal primo ottobre sulle coste dell’Adriatico, solo 40 due giorni fa nel Riminese — e lo confermano le temperature del mare: due gradi in più rispetto alla media che hanno impedito la migrazione della Caretta Caretta verso i mari del sud.

Tutto inizia il 4 ottobre. Il telefono della ‘Fondazione cetacea’ di Rimini squilla. È mattina presto e dall’altro capo della cornetta si sente: «Ho trovato una tartaruga spiaggiata a Ferrara». Alla fine della giornata saranno sette i ritrovamenti. Da allora il centralino della Fondazione non ha praticamente mai smesso di ricevere segnalazioni, fino al triste numero finale (per ora): 170 testuggini, di cui 130 solo nelle coste emiliane-romagnole e le altre distribuite tra Pesaro, Chioggia e la laguna di Grado in Friuli. Le ultime carcasse portano la data rispettivamente di lunedì scorso e ieri.

Al termine della violenta mareggiata che ha colpito la costa dell’alto Adriatico, il mare ha infatti restituito alla spiaggia della provincia di Rimini 40 tartarughe senza vita, 5 a Cesenatico e altre 8 in provincia di Ravenna. In stato di decomposizione avanzato e senza segni particolari derivanti da possibili urti con eliche (tra le cause più comuni), gli esemplari sembrano essere deceduti per la medesima causa, ma su quale essa sia i ricercatori viaggiano tra mille incognite. «Ancora oggi, nonostante le 32 necroscopie effettuate, non riusciamo a definire con esattezza la ragione, o le ragioni, di una tale morìa. Gli spiaggiamenti in questo periodo dell’anno — spiega Sauro Pari, il presidente della fondazione che fa capo alla ‘Rete regionale delle tartarughe marine’ — sono molto comuni, ma quest’anno viaggiamo su dati 5 volte superiori alla media».

NEI GIORNI scorsi le ipotesi più accreditate si erano indirizzate verso la pesca a strascico. Perché? Di solito le tartarughe emigrano a fine agosto, in cerca di mari più caldi, questa volta invece la temperatura dell’acqua è rimasta mite, i cetacei sono restati in zona e quando a inizio settembre è finito il ‘fermo pesca’, le reti a strascico hanno pescato (e ucciso) varie tartarughe. Però per Pari è ancora prematuro considerare il capitolo chiuso e così la ‘Rete regionale’ ha richiesto le analisi di altre 30 testuggini.
Ma da dove arrivano? La Caretta Caretta è una tartaruga che nidifica tipicamente nelle coste ioniche della Calabria e nelle isole del mare Egeo. In pratica in tutte quelle spiagge dove la presenza antropica non è ancora intervenuta a piantare ombrelloni e lettini. In estate, con l’innalzamento del clima, migrano poi verso le acque del nord Adriatico.

Quello che ormai tutti definiscono come ‘il caso delle tartarughe’ è stato il principale protagonista della riunione tenutasi ieri a Padova del ‘Net cet’, il progetto quadriennale di salvaguardia per tartarughe marine e delfini sponsorizzato dalla città di Venezia, a cui collaborano per l’Italia la Fondazione cetacea di Rimini, l’università di Padova, il Wwf, la città di Pesacara e Ispra. «Quello di oggi (ieri, ndr) è stata un’ottima occasione per confrontarci anche con gli studi effettuati sui 21 delfini spiaggiati — commenta Sauro Pari —, ma il responsabile del laboratorio di Legnaro Sandro Mazzariol ha escluso che le ragioni del decesso possano essere le stesse. Staremo a vedere, siamo molto preoccupati».

Alessandro Cicognani